Dal cuore del corteo: colori, fumogeni e slogan di protesta

I due volti colorati del pomeriggio fiorentino che ha visto le strade invase di striscioni per l'ennesima protesta studentesca figlia di un futuro incerto che continua a tenere in apprensione le nuove generazioni

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
23 dicembre 2010 00:50
Dal cuore del corteo: colori, fumogeni e slogan di protesta

Due cortei nel giro di poche ore nel capoluogo toscano. Uno volutamente colorato con un richiamo di partecipazione propiziato dal Social Network Facebook e l'altro di tono ben diverso, votato a concetti politici di tangibilità sociale. Nove ha incontrato Marco, studente di Architettura all'Università di Firenze, volto dipinto di bianco, orecchie lunghe da coniglio, uscito dal Paese delle meraviglie che ancora una volta si indigna e si sdegna e rincorre il tempo che avanza inesorabile verso cambiamenti che non sempre corrispondono a miglior vita. Un corteo dedicato alla visione artistica dello stato sociale: "Colorato e divertente, il più appariscente possibile - spiega Marco - abbiamo tirato fuori questa manifestazione con la volontà di una parata di creatività libera, un'idea nata da due ragazzi stanchi di un'area pesante dovuta anche a scene politiche che disegnano dei veri pagliacci, ed anche per questo abbiamo voluto contrapporci a loro.

Una cultura che si sta involvendo, attraverso i tagli ed il disinteresse, non solo per l'università ma anche nel mondo museale. Per per questo abbiamo voluto toccare più campi artistici possibili senza fare cortei chiusi, austeri, che rischiano di allontanarci dalla popolazione, di compromettere un rapporto con la società stessa, che rischiano di portare a ciò che è accaduto a Roma. Molte persone si sono avvicinate a noi, di ogni età, senza pregiudizi dovuti a questi giorni di intimidazione successivi ai disordini, hanno chiesto informazioni, ed è questo che volevamo" Intanto durante il passaggio da via del Proconsolo una signora si dispera per il numero risicato dei partecipanti "Ma dove vanno, dove vanno poverini.." dettaglio che ai ragazzi appare del tutto secondario e lontano da poter decretare o meno il successo dell'azione posta in essere che ha valore nel 'pensiero' come ci spiegano prima che 'nell'apparenza dei fatti'. Ma a Firenze gli studenti a quali preoccupazioni tentano di fare fronte, troviamo cartelli ad esempio con scritto 'Come mai mi sembra di pagare di tasca mia la cassa integrazione degli operai?': "Il distacco tra quello che siamo e quello che dovremmo essere ci destabilizza, non riconoscersi nello Stato è un grosso problema, nel quotidiano non troviamo riscontro sulle decisioni prese dai politici, le stanze del potere sembrano occuparsi spesso di cose che non ci riguardano o che non tengono conto del nostro parere, per questo sono lontanissimi da noi ed avvertiamo questo come un disagio" Con Marco altri ragazzi e ragazze che si sbracciano, tamburi e fischietti, volti colorati e sorrisi disegnati come quelli dei malinconici clown che sanno di dover fare la parte comica, richiesta dal momento o dall'evento, ma che dentro celano una rabbia speciale, quella dei giovani che desiderano di guardare lontano e non trovano prospettive abbastanza alte da superare gli orizzonti brevi. Alle 16 il corteo giunto in piazza Santissima Anunziata si sposta in San Marco.

Capannelli, chiacchiere, volantini di protesta distribuiti ai passanti mentre la luce del giorno abbandona Firenze affidandola ai lampioni. "L'Italia è una impresa-Stato in via di liquidazione. Sull'orlo della bancarotta con un debito pubblico astronomico, dove non resta altro che tagliare i costi e vendere i beni. Ad andarci di mezzo saranno i dipendenti dell'impresa, i sudditi dello Stato" leggiamo in una nota, che così continua "Generazione senza futuro condannata alla precarietà permanente.

Ecco perché i cortei di protesta, contro un sistema che va in tilt per una semplice nevicata.. Fra la vita assaporata, soli o assieme ai propri compagni di lotta, e la sopravvivenza ingurgitata assieme ai propri colleghi di obbedienza, non ci sono dubbi su cosa scegliere". E' ben noto come il movimento sia restio a selezionare rappresentanti, ma troviamo gli autori del testo che spiegano come ciò costituisca "Un desiderio di esprimere una propria opinione, avevamo voglia di dire qualcosa e l'abbiamo fatto, tutto qua".

Dopo due ore in cui la piazza si anima e prende corpo una organizzazione di massima su come muoversi, con la Polizia Municipale pronta a deviare il traffico ed un dirigente di Ataf che implora il passaggio dell'ultimo 23 che sarebbe altrimenti rimasto fagocitato del corteo, i giovani partono alla volta del Duomo attraverso via Cavour annebbiata dai fumogeni.

Scoppia qualche petardo, viene mantenuta una distanza di sicurezza tra testa del corteo e forze dell'ordine, ma i cittadini attraversano il marciapiede tranquillamente. Qualche bandone viene abbassato, nei negozi si formano folle di gente che preferisce non uscire e lasciar sfilare i volti coperti dalle sciarpe, uniti in un solo abbraccio che attraversa l'intera carreggiata. "La passione per la libertà è più forte di ogni autorità" scandiscono i megafoni, "Fini, Bersani e Berlusconi, senza distinzione fuori dai c..." piuttosto che "Se ci son disoccupati la colpa è dei padroni e non degli immigrati". Il corteo fa una breve sosta tra i Palazzi delle Istituzioni sotto le finestre di Provincia e Regione, si ricordano i fatti di Roma, vengono dedicati sfottò all'Arma dei Carabinieri ed un ricordo ai movimenti degli anni '70 che occupavano le piazze.

"A Roma c'è stato un tumulto di popolo" grida il ragazzo con il megafono, "perché tutti, indistintamente iniziano a sentire il desiderio di riappropriarsi delle piazze". I fumogeni si confondono con gli addobbi di Natale, il corteo prosegue tra gli applausi di alcuni cittadini "Bravi! Noi eravamo come voi", ma i bambini chiedono di proseguire il viaggio tra i negozi di giocattoli, per lo studio, forse, c'è ancora tempo. A. L.

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