Sull’uscio di cucina: Tradizioni di altri, la Madonna della Salute

La tradizione vuole anche che il 21 novembre a Venezia venga consumato un piatto particolare: la castradina.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
24 novembre 2010 15:28
Sull’uscio di cucina: Tradizioni di altri, la Madonna della Salute

Ogni tanto mi ricordo che la città che mi ospita ormai da tempo ha delle profonde e importanti tradizioni che vanno oltre dal solito Carnevale di cui si parla in tutto il mondo. Il 21 novembre a Venezia si festeggia la Madonna della Salute. È una ricorrenza religiosa che prevede un pellegrinaggio verso la Chiesa della Salute, bellissima opera del barocco veneziano, la quale resta aperta ininterrottamente per permettere ai fedeli di assistere alla messa in ogni momento. Tale festa venne istituita per festeggiare la fine della pestilenza del 1630, la stessa descritta dal Manzoni ne ‘I promessi sposi’. La tradizione vuole anche che quel giorno venga consumato un piatto particolare: la castradina. E cosa sarebbe? Mi ci sono voluti degli anni per capirlo.

Ad un certo punto vedevo apparire sulle vetrine dei macellai questo cartello: ‘oggi castrà’. Grazie alla consulenza della famiglia del mio consorte, adesso ho le idee chiare! Allora, si definisce ‘castrà’ la carne di montone castrato, affumicato e salmistrato. Perché il montone salmistrato e affumicato? Non appena a Venezia si scatenò l’epidemia di peste, nessuno volle più fornire approvvigionamenti a parte i Dalmati e la carne di montone era l’unica di cui erano forniti.

Naturalmente l’affumicatura e la salatura servivano per una più lunga conservazione. Torniamo al piatto: dopo aver acquistato un pezzo di castradina dal macellaio, lavarla bene con una spazzola con setole dure fino a togliere tutta l’affumicatura. La carne va bollita per tre volte in acqua con sale, pepe e gli odori; l'acqua va cambiata ogni volta. Adesso si dovrebbe lasciar freddare il brodo con la carne dentro, aspettare che il grasso si rapprenda e toglierlo. Intanto in un'altra pentola si procede alla cottura vera e propria sempre in acqua, nella quale abbiamo messo un po’ del brodo di cottura.

Si lascia cuocere, finchè non avrà l’aspetto di uno stracotto. Il contorno tipico sarebbero le ‘verze sofegae: soffriggere la cipolla nel burro, tagliare a julienne una verza grande, farla cuocere lentamente in una pentola con il coperchio sopra; gli ultimi dieci minuti di cottura unirla alla castradina. Questo è un piatto adatto a stomaci forti. Se venite a Venezia a novembre, avrete la fortuna di provarla. Questa è una delle tradizioni a cui tengo di più.

Soprattutto è una festa che ancora non è stata commercializzata né modificata per renderla più fruibile al turismo di massa. di Vanessa Bof

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