Ciclismo, il circuito mondiale: tecnica e ricordi

Una riflessione da amatore sul mondiale a Firenze

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
01 ottobre 2010 00:00
Ciclismo, il circuito mondiale: tecnica e ricordi

Nel 2013 il Campionato mondiale di Ciclismo su strada sarà a Firenze. Grande motivo di orgoglio è l'unanimità della decisione della Unione Ciclistica internazionale, segno della stima con cui l'Italia, ma soprattutto la nostra città, riceve ancora in tutto il mondo. Una cosa da sempre sognata e spesso assieme a degli amici abbiamo pensato proprio ad un circuito come questo, con la salita a Fiesole, la discesa verso Pian di Mugnone e il terribile strappo del Cionfo, dove gli appassionati vi si accamperanno giorni prima per accaparrarsi i posti migliori! La Toscana non a caso è una delle patrie del ciclismo italiano: è proprio la conformazione geografica e la bellezza dei luoghi, oltre alla voglia di pedalare in se e per se, che invita a prendere la bicicletta e affrontare salite nel verde, tra vigne, ulivi e vecchi borghi e soprattutto in un paesaggio sempre diverso, mai noioso.

E il ciclismo in Toscana vuol dire tanti nomi, a partire da quelli storicissimi: Gino Bartali, Gastone Nencini, il leone delle Fiandre Fiorenzo Magni e Alfredo Martini (il Commissario Tecnico per eccellenza, un uomo, un incarico, un mito – l'unico allenatore di una nazionale italiana mai criticato che se perdeva “è colpa dei corridori che non hanno fatto quello che lui voleva”) per arrivare a Poggiali, Bitossi, Chioccioli, i Casagrande, Tafi (disegnatore del percorso) e Bettini (mi scusino le decine di altri corridori meritevoli di essere inseriti nella lista che non ho citato!) È un percorso sicuramente difficile e soprattutto spettacolare in una zona “paesaggisticamente ineccepibile”. Prima di arrivare a Firenze i corridori affronteranno una cavalcata di quasi 90 kilometri nella campagna toscana: partiti da Lucca, con l'immancabile giro delle mura, una delle passeggiate cittadine da fare in bicicletta più belle del mondo, un percorso vallonato li porterà a transitare da Collodi (Pinocchio sarà la mascotte della manifestazione) per poi salire a Montecatini Alto, da cui scenderanno verso Larciano e Lamporecchio.

È un riconoscimento a quella zona lungo il Montalbano dove i bambini praticamente imparano ad andare in bicicletta quasi prima che a camminare! Da Lamporecchio verrà affrontato il San Baronto dal tratto più duro. È probabilmente la salita più “classica” del ciclismo toscano, percorsa tutti i fine settimana da frotte di ciclisti giovani e meno giovani e teatro di moltissime gare delle categorie minori. Scendendo verso Pistoia è d'obbligo il passaggio da Casalguidi per rendere omaggio a Franco Ballerini, l'eroe spesso sfortunato di Roubaix (in quanti abbiamo odiato Duclos-Lassalle!), l'uomo che aveva dimostrato di poter reggere l'eredità pesantissima di Alfredo Martini adesso passata a Bettini (come dire: la nazionale sarà pure italiana, ma il commissario tecnico deve essere toscano...). E quindi via verso Firenze per il circuito finale che verrà ripetuto 11 volte.

Circuito difficile dove i corridori arriveranno dopo aver tirato moltissimo per selezionare il folto gruppo (al mondiale partecipano ciclisti di tutte le nazioni, non sempre abituati a correre a questi livelli). La salita di Fiesole non sarebbe poi molto impegnativa con i suoi 230 metri di dislivello, anche se la sua caratteristica maggiore è la discontinuità: dopo una prima rampa con un paio di tornanti dalla pendenza non eccessiva, i 500 metri del falsopiano di San Domenico non saranno un riposo, data la velocità a cui verranno affrontati e poi c'è il tratto più duro, sempre sopra il 5% con punte dell'8.

Il problema però non è farla una volta sola (cosa che per una persona normale, un po' sovrappeso e mezzo secolo di vita come il sottoscritto è già un'impresa...) ma ripeterla per ben 11 volte si sentirà nelle gambe alla fine di una gara in cui il dislivello totale è dell'ordine dei 3000 metri (come in una tappa dolomitica che si rispetti!). La discesa verso Pian del Mugnone è molto bella e veloce, con qualche insidia. Comincia un po' stretta ma dopo la salita il gruppo sarà un po' sfilacciato, specialmente a causa della rampettina finale.

Presenta quattro curve difficili: il tornante vicino all'anfiteatro e le tre curve a Pian di Mugnone. Particolarmente insidiosa la prima, una svolta innaturale dovuta alla chiusura del passaggio a livello e che è posta alla fine di una zona rettilinea in forte pendenza, alla quale i corridori arriveranno a velocità molto alta. Le altre due, sia pure entrambe molto secche, saranno percorse però ad una velocità inferiore proprio a causa della frenata all'ex passaggio a livello. Senza particolari difficoltà la discesa fino al ponte alla Badia, dove con una curva strettissima si entrerà in via Salviati.

Quei 600 metri del Cionfo di cui almeno 400 con una pendenza oltre il 18% saranno la chiave di volta della gara: chi avrà il fiato sufficiente per poter scattare nei 200 metri finali, dalla pendenza molto inferiore, potrà conservare il vantaggio nella discesa verso il Ponte Rosso e arrivare sul traguardo di Viale dei Mille. 30 anni fa di gente in bicicletta da quelle parti ce n'era poca: i cicloamatori fiorentini preferivano andare verso San Casciano, Pontassieve o Montelupo. Invece io e altri matti si saliva e scendeva tra Fiesole, Olmo e dintorni.

Le cose oggi sono cambiate, specialmente con l'adozione delle tre moltipliche di cui la terza consente di pedalare con rapporti talmente corti da andare quasi dappertutto (Cionfo escluso!) Il Cionfo l'ho fatto una sola volta, a 20 anni. Arrivai stremato ad un provvidenziale cancelletto, quasi alla fine del tratto più duro. Dopo qualche minuto di riposo provai a ripartire. Onestamente non mi ricordo a distanza di 30 anni se alla Bolognese arrivai in sella o spingendo a piedi la bicicletta... Sul Cionfo e sulla Badia Fiesolana, la salita gemella sull'altro versante della valle del Mugnone, ho un aneddoto da ricordare: dei pazzi scatenati leggermente più vecchi del sottoscritto si sono divertiti per anni a fare il un giochetto di buttarsi giù dalla Badia (allora la strada era a doppio senso anche lato Fiesole) e sfruttare l'abbrivio per arrivare in cima al Cionfo e viceversa (facendo attenzione scendendo nel verso opposto a non decollare all'altezza del pianetto corrispondente al vecchio passaggio a livello).

Inutile dire che era gente che andava “forte” davvero, anzi qualcno correva pure e sognava di fare il corridore professionista. Il problema era lo stop all'incrocio con la Faentina. Per risolverlo un paio di “volontari” fermavano il traffico sulla statale con una bandierina di quelle usate per le corse. Pensando alla velocità a cui quei ragazzi si proiettavano sull'incrocio mi vengono ancora i brividi. Come mi vengono i brividi pensando a quella volta che scendendo da Fiesole (e quindi in senso inverso al percorso mondiale) presi il curvone del regresso un po' troppo “allegro” proprio mentre saliva il “7”.

Passai in uno stretto passaggio tra il muro a sinistra e l'autobus, dunque completamente contromano. Non so quello che pensò l'ignaro autista, ma il mio amico Andrea, che mi seguiva a un po' di distanza e che aveva capito che ero troppo veloce, optò per chiudere gli occhi, riaprendoli qualche istante dopo, tranquillizzato per non aver sentito il botto. di Aldo Piombino

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