Gianmarco Tognazzi recita Friedrich Dürrenmatt

"La panne" è uno dei romanzi brevi più significativi in cui lo scrittore svizzero indaga le passioni e i sentimenti umani.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
16 aprile 2010 16:52
Gianmarco Tognazzi recita Friedrich Dürrenmatt

Dopo la Visita della vecchia Signora, nel 2005, Armando Pugliese torna a dirigere un testo di Friedrich Dürrenmatt adattato da Edoardo Erba: La panne. Una storia ancora possibile. E' uno dei romanzi brevi più significativi in cui lo scrittore svizzero indaga le passioni e i sentimenti umani. Il testo assume contemporaneamente i toni cangianti del leggero, del comico, dell'angosciante, del tragico e coinvolge lo spettatore nello stesso modo in cui cattura il protagonista.

Gianmarco Tognazzi è Alfredo Traps inconsapevole protagonista di un gioco grottesco dagli esiti tragici. Il tema dominante è il conflitto dell'individuo con un mondo intimo, mostruoso ed ignoto, comune a tutti noi. Un banale incidente, l’automobile in panne, costringe Alfredo Traps - rappresentante di tessuti - ad una sosta indesiderata. Cercando aiuto trova ospitalità a casa di un vecchio giudice in compagnia di due amici, un pubblico ministero e un avvocato in pensione che gli spiegano, con l’intento di coinvolgerlo, il loro unico passatempo: ricelebrare alcuni importanti processi storici come quello a Socrate, a Gesù e a Federico di Prussia.

Tra una bottiglia di vino e l'altra, Traps si ritrova imputato in un vero e proprio processo e, in un'atmosfera sempre più inquietante, il gioco si fa realtà: il protagonista parla, si confessa, la sua vita mediocre sembra acquistare improvvisamente risvolti inaspettati; si scopre che Traps ha effettivamente compiuto un delitto divenendo l’amante della giovane moglie del suo principale che, avvertito anonimamente dell’accaduto dallo stesso Traps, è morto a causa di un infarto. Il delitto di Traps è il frutto di una mente assolutamente innocente e inconsapevole; la sua cattiveria è originaria e, come tale, esente da sensi di colpa a meno che qualcuno non intervenga a fargli notare che ha compiuto un delitto, a fare emergere i ricordi dalla nebbia di un passato neppure così tanto remoto, come hanno fatto i suoi commensali che lo hanno ospitato processandolo, come fanno con tutti gli ospiti che si trovano ad avere.

E così raccontando le vicende della propria vita, rivelando il mistero del suo successo economico, Traps si trova di fronte alla prova della sua colpevolezza e si autoinfligge la condanna a morte che gli era stata sanzionata per gioco. Per Dürrenmatt, quindi, siamo tutti colpevoli: il racconto ne è soltanto la dimostrazione attraverso il paradosso. "Se non l’avete ancora fatto, vale la pena che lo leggiate. La Panne è uno dei più bei racconti del Novecento europeo. Una trentina di pagine scritte con stile pulito, diretto, pochi fronzoli.

Il solco è quello di Kafka, ma dove il maestro era espressionista, Dürrenmatt è quotidiano, come l’italiano Buzzati. Alfredo Traps, il venditore che ha fatto carriera, non è il misterioso K., è un nostro compagno di scuola, un vicino di casa, l’amico che magari abbiamo perso per strada. E la sala dove si svolge la vicenda non è all’interno di un fantomatico castello, ma in una bella villa svizzera, che ci immaginiamo calda, odorosa e arredata con mobili di buon legno. È qui che Alfredo Traps incontra i tre vecchi giuristi, il boia Pilet e la stupenda Simone.

È qui dove una serata di bagordi ad alto tasso alcolico diventa un processo alla sua vita, in una virulenta emersione di contenuti inconsci e rimossi. La catarsi di Alfredo illuminato non è la liberazione dalla colpa, ma l’espiazione. Almeno nel racconto. Perché - e qui è interessante aprire una parentesi - il successo della novella e la sua naturale teatralità, spinse Dürrenmatt a riscriverla in diverse versioni drammatiche: un radiodramma trasmesso dalla radio Svizzera e un dramma per il palcoscenico.

Le tre versioni sono abbastanza simili per quanto riguarda le premesse e lo sviluppo del processo. Ma ciascuna ha un finale diverso. Nella novella Traps, condannato a morte dalla corte dei tre vecchietti, si impicca. Nel radiodramma invece si risveglia la mattina dopo, prende la sua Jaguar ben riparata da un meccanico del paese, e riparte per il consueto giro di vendita. Nella versione teatrale di nuovo si ammazza, ma non in seguito a un giudizio perentorio, bensì dopo essere stato lasciato libero di scegliere la sua sorte da una sentenza speculare di assoluzione e condanna.

Il mio adattamento ha come base il radiodramma, che a mio avviso ha un’agilità teatrale e una fedeltà alla novella che la versione teatrale ha un po’ smarrito, ed è quindi più fresco, più vitale. Ma ho ritenuto che l’eliminazione del suicidio finale tradisca un po’ lo spirito calvinista del racconto. Mi sono immaginato sia derivata più da una censura della Radio Svizzera che da una convinta volontà dell’autore. Perciò il finale è di nuovo quello della novella. Dalla versione teatrale ho preso i divertentissimi brindisi, il tormentone di Pilet (Ottimo!), l’espansione del personaggio di Simone (che Dürrenmatt in teatro chiama Justine) e un accenno al doppio giudizio nel finale, che rende il protagonista più reattivo e meno succube degli eventi.

Originale invece è il menu, che ho riscritto su suggerimento dell’amico Luciano Ravasio, esperto di cucina internazionale. Della Panne forse ricorderete anche un film di Ettore Scola, con Sordi protagonista. Si intitolava: La più bella serata della mia vita. Scola aveva nazionalizzato il personaggio, accentuandone gli aspetti comici. Ma rifiutando il calvinismo di Dürrenmatt, aveva fatto morire il protagonista per una seconda panne, più insidiosa, all’automobile che da Jaguar si era italianizzata in Maserati.

Interessante di questa versione soprattutto il titolo che riprende una battuta finale del giudice, dopo che Traps si è impiccato, emblematica dell’umorismo nero di Dürrenmatt: che peccato! Ci ha rovinato la notte più bella della nostra vita. Battuta che abbiamo usato, nella traduzione originale, nel nostro sottotitolo" spiega in una nota Edoardo Erba. Ma domenica 18 aprile al Teatro della Pergola spazio anche a Donpasta in “Cook and Roll Circus” Arsia Toscana, Controradio e Istituto Francese di Cultura di Firenze e Terreni Fertili, in collaborazione con il Teatro della Pergola, presentano la prima edizione fiorentina di Soul Food, progetto multidisciplinare attorno alle dimensioni ambientali, sociali e culturali del cibo.

Soul Food è organizzato da Donpasta e Terreni Fertili, con l'obiettivo, attraverso il suo approccio scientifico integrato con i contenuti artistici e teatrali, di parlare di ambiente attraverso il cibo, contribuendo alla riflessione sulle nuove forme di consumo sostenibile da un punto di vista ambientale, sociale ed economico. Dopo le prime due edizioni romane, segnate da un grande successo di pubblico e critica, il progetto trova, a Firenze, una prestigiosa casa nel Teatro della Pergola dove, nella giornata di domenica 18 aprile si terrà un doppio appuntamento: nel pomeriggio una tavola rotonda coordinata da Arsia Toscana attorno ai temi del consumo sostenibile legati alla filiera alimentare; la sera lo spettacolo multimediale “Cook and Roll Circus”, prodotto dalla compagnia francese Food Sound Circus e dalla Mairie de Toulouse.

Notizie correlate
Collegamenti
In evidenza