A Palazzo Vecchio la commemorazione delle vittime delle foibe

Davanti a oltre 300 studenti delle scuole secondarie di primo grado si è svolta nel Salone dei Cinquecento hanno preso la parola amministratori locali e studiosi di storia.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
10 febbraio 2010 20:47
A Palazzo Vecchio la commemorazione delle vittime delle foibe

"Ricordare è un dovere civile, perché dalla storia possiamo imparare quali tragedie possono nascere da odio e guerra, vuoto di valori e disprezzo per la vita. Non si devono dimenticare le sofferenze, fino a un’orribile morte, inflitte a tanti nostri connazionali". L’assessore all’educazione ha celebrato, questa mattina nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, "Il Giorno del Ricordo", la data simbolica destinata a ricordare le migliaia di vittime delle foibe e i tanti italiani che hanno vissuto il dramma di un esodo forzato, esuli dall'Istria e dalla Dalmazia nel dopoguerra.

Davanti a oltre 300 studenti delle scuole secondarie di primo grado (erano presenti anche l’assessore regionale alla cultura, l’assessore provinciale alla pubblica istruzione e il direttore dell’ufficio scolastico regionale) l’assessore ha voluto ribadire che questa commemorazione, voluta dal Parlamento con un’apposita legge nel 2004, ha corrisposto all’esigenza di un riconoscimento umano e istituzionale per troppo tempo mancato. Ed ha sottolineato, infine, che "la conoscenza è fondamentale ed è elemento di libertà" e che "per questo motivo tutta la storia deve essere studiata e valutata".

"Solo così - ha concluso l’assessore all’educazione - si è in grado di poter giudicare gli eventi". Nel suo intervento la professoressa Luciana Rocchi (Istituto Storico grossetano della Resistenza e dell’età contemporanea) ha anzitutto rilevato l’importanza "dell’indipendenza dello storico". "Nl suo lavoro – ha spiegato agli studenti – lo studioso deve essere autonomo, non deve lasciarsi influenzare dall’uso politico della storia". "a vicenda delle foibe – ha proseguito la professoressa Rocchi – si inserisce in quella più generale del confine orientale italiano, definito da un autorevole studioso come Raul Pupo come un vero e proprio ‘laboratorio delle storia del Novecento’, dove si incrociano alcuni dei più efferati fenomeni di violenza del secolo scorso". "Lo sforzo degli storici in questi ultimi anni – ha aggiunto – è quello di non fermarsi a considerare solo gli eventi tra il 1943 ed il 1945 ma di porre l’attenzione sul cosiddetto ‘lungo periodo’.

Qui, sul confine orientale, si incontrano tante storie: le vicende dell’impero Austro-ungarico, del nazionalismo italiano e slavo, della prima guerra mondiale, del fascismo e della sua politica di nazionalizzazione della popolazione slovena. Si arriva così alla seconda mondiale e alle violenze dell’esercito italiano e, a quelle inflitte agli italiani, al calvario dei profughi che hanno lasciato i loro luoghi". I ragazzi della ‘Ghi-Band’ dell’istituto Ghiberti hano eseguito alcuni brani musicali, altri studenti hanno invece letto brani della vicenda di Sergio Rusich, maestro per decenni a Firenze che aveva vissuto le tragedie del Novecento prima partecipando alla lotta partigiana nella natia Istria, poi come deportato nel campo di sterminio di Flossemburg e profugo dalla sua terra d'origine nel 1947.

(fn)

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