Austerità o sviluppo? La proposta di Enrico Rossi

Oggi in un dibattito pubblico su investimenti, equità sociale e dismissioni

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
14 giugno 2015 23:33
Austerità o sviluppo? La proposta di Enrico Rossi

FIRENZE -Austerità o sviluppo? Questo il tema del dibattito al quale ha partecipato oggi pomeriggio all'Istituto degli Innocenti di Firenze il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi. Il dibattito, che ha visto la presenza, oltre a Rossi, di Danilo Barbi della segreteria confederale Cgil, del viceministro allo sviluppo economico Enrico Morando e dell'economista Mariana Mazzuccato, si è svolto nel quadro delle Giornate del Lavoro organizzate in questi giorni a Firenze dalla Cgil. In sala anche il segretario generale della Cgil Susanna Camusso.

Marco Panara, giornalista di Repubblica, responsabile dell'inserto Affari e Finanza, ha chiesto a Rossi se, nel dilemma fra austerità e sviluppo, sia possibile qualificare la spesa pubblica e sostenere gli investimenti. "Alcune Regioni, come la Toscana in questi anni - ha ricordato Panara- sono riuscite, in sostanza, a fare di più cone meno".

"Io credo - ha risposto Rossi con una premessa di carattere generale- che sia comunque necessario avere una teoria generale, altrimenti rischiamo, come è successo, di sostenere politiche di rigore come quelle del Governo Monti e poi di accorgerci che queste politiche hanno dato un contributo alla recessione. Detto questo - ha proseguito- provo a dire la mia. E ricordo che negli anni del dopoguerra e nella stessa Costituzione, seppure in un contesto diverso, il lavoro e l'occupazione erano argomenti centrali della politica.

Oggi non è più così, il parametro è diventato quello dei "compiti a casa", quello del rigore. L'Irpet (l'istituto di programmazione economica della Toscana) dice che in questi anni si sono persi 600 miliardi di investimenti, pubblici e privati, evidentemente si è scelta un'altra strada, anzichè scommettere sul lavoro. In questa fase se il Paese si è salvato è st ato grazie all'export e ad una intensificazione dei ritmi di lavoro, ma io mi chiedo, quando li recuperiamo questi 600 miliardi? Junker - ha proseguito Rossi- grazie ad una leva del 18%, con 15 miliardi prevede di investire 300 miliardi in tre anni in tutta Europa, ma soltanto noi abbiamo perso 600 miliardi."

Poi Rossi è passato alla Toscana. "Nel 2010 - ha ricordato - il bilancio della Regione era di 2 miliardi e 200 milioni, quest'anno è di 1 miliardo e 350 milioni. E' vero, ce l'abbiamo fatta, ma ora siamo arrivati al punto di dover intaccare qualcosa. Non intaccheremo la spesa sociale - ha ribadito - non la cultura, non i trasporti, ma su qualcosa dovremo tagliare per risparmiare ancora, e io mi chiedo, e questo è il mio rovello: cosa avremmo potuto fare se invece di tagliarci quasi un miliardo ci avessero tagliato 500 milioni e ci avessero consentito di investire 500 milioni, ad esempio sul fronte del dissesto idrogeologico, delle scuole, della digitalizzazione.

Avremmo creato condizioni più favorevoli per le imprese e avremmo creato più occupazione. Ecco, questo è il rovello che ho sempre avuto. Un esempio di quello che dico - ha ribadito Rossi - si è avuto sulla sanità, dove la stessa Corte dei Conti h a riconosciuto il ruolo delle Regioni sulla spesa. Ecco, questo sarebbe stato il ragionamento, a fronte di una riduzione della spesa, la possibilità alle Regioni di fare investimenti, invece di compiere l'errore che ci ha portato in recessione. MI auguro che di questo si possa riparlare con il Governo, altrimenti si rischia un nuovo avvitamento recessivo."

"Si creino pure le Agenzie, si faccia il monitoraggio della spesa - ha continuato Rossi - ma è dirimente riprendere la strada degli investimenti pubblici e stimolare gli investimenti privati. In questo modo anche noi ce l'avremmo fatta con più convinzione, con uno sforzo di carattere collettivo."

E per quanto riguarda il lavoro Rossi ha osservato. "Quelle aziende che hanno potuto scommettere sull'export lo hanno fatto non solo perchè hanno avuto imprenditori intelligenti, ma anche perchè i ritmi di lavoro nelle fabbriche sono cresciuti. Io credo che si debba garantire una compartecipazione del mondo del lavoro, da studiare azienda per azienda, certamente, ma si debba fare, altrimenti il rischio è che prima o poi i conflitti espolodano."

Al Governo Rossi lancia un monito. "Attenzione al nuovo centralismo. Che la spesa sia controllata - ha rimarcato - è giusto, ma l'Italia è lunga e un nuovo centralismo è pericoloso."

E nel quadro europeo, il presidente Rossi ha riconosciuto al Governo e al Presidente del Consiglio, la scelta di "Giocare un ruolo decisivo con forza e determinazione." "Il rischio altrimenti - ha detto - è quello della crescita dei populismi."

Tornando al dilemma: austerità o sviluppo? E alla domanda di Panara: "Siamo sempre in condizione di poter scegliere?" La risposta di Rossi è: "Certo, vi sono condizioni oggettive date, ma se avessimo fatto scelte meno supine ai diktat di Berlino, forse oggi le condizioni potevano essere diverse."

Infine il tema delle partecipate. "Può la Toscana - ha chiesto Panara- recuperare margini di investimento dismettendo partecipazioni non strategiche?"

"Io credo - ha risposto Rossi - che sarebbe più incentivante se queste dismissioni fossero fuori del patto di stabilità. Noi in Toscana non abbiamo molto in questo senso, abbiamo già fatto la gara per il Trasporto Pubblico Locale e abbiamo messo a gara il trasporto marittimo, abbiamo ceduto la partecipazione nell'aeroporto condizionandola all'unificazione di Pisa e Firenze, ottenendo un risultato che in Toscana non è da poco, e abbiamo recuperato 15 milioni. Ma questi stanno dentro il patto di stabilità.

Ecco, sarebbe interessante se operazioni di questo tipo potessero stare fuori del patto di stabilità. Quanto agli stabilimenti termali, noi li venderemmo, ma è difficile. E infine - ha concluso - sarebbe interessante se oltre a porre fuori del patto di stabilità gli investimenti che derivano da dismissioni, si potesse dare il via a fondi per incentivare le start up, in modo da poter dare un imput iniziale con soldi pubblici alle nuove imprese e poi uscire dopo 3-4 anni dal capitale delle nuove società."

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