Ardengo Soffici, poetico cantore del paesaggio toscano

50 paesaggi poggesi e versiliesi, visibili fino al 27 luglio nel complesso delle Scuderie Medicee. La mostra, curata da Luigi Cavallo, è organizzata dal Museo Soffici e del ’900 italiano, con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Poggio a Caiano.

24 aprile 2014 16:41
Ardengo Soffici, poetico cantore del paesaggio toscano

POGGIO A CAIANO (Firenze) - Il paesaggio toscano è inudbbiamente fra i più belli al mondo, e fra coloro che seppero soffermarvi lo sguardo, cogliendone ogni minima sfumatura lirica, vi fu senza dubbio Ardengo Soffici (1879 - 1964), che dalla natia Rignano sull'Arno si trasferì a Poggio a Caiano nel 1907, dopo vari soggiorni a Parigi e la dura esperienza della Grande Guerra. A mezzo secolo dalla scomparsa, il comune mediceo rende omaggio al grande figlio adottivo, con Ardengo Soffici. Giornate di paesaggio, approfondita esposizione sul profondo rapporto artistico che legò l'artista al territorio toscano, attraverso l'esperienza dell'Avanguardia prima, e del "ritorno all'ordine" subito dopo.

Di famiglia agiata, sin da bambino dimostrò profondo interesse per l'arte, ma a causa delle sopraggiunte difficoltà economiche familiari, sul finire del secolo, non potrà intraprendere studi regolari. Tuttavia poté respirare l'aria dell’Accademia di Belle Arti e della Scuola del Nudo, e qui entrò in contatto con l'opera di Giovanni Fattori, che sarà sempre il suo maestro ideale. Prima ancora che artista, Soffici si fa conoscere quale critico d'arte, inteso a demolire le fame usurpate e a illustrare o valorizzare alcune fra le maggiori personalità dell'impressionismo e postimpressionismo francese, che ebbe modo di conoscere a Parigi già in un primo, lungo soggiorno che si svolse dal 1903 al 1907.

Quattro anni che lo videro collaborare, come illustratore, per riviste quali L'Assiette au beurre, e intanto ebbe la possibilità di incontrare artisti emergenti e già affermati come Apollinaire, Picasso e Jacob, e frequentare il mondo vivace che si era formato intorno alla rivista La Plume. Conduceva una vita bohémienne a contatto con il vivace ambiente intellettuale, e intanto manteneva contatti con l'Italia attraverso gli articoli di critica d'arte che inviava al Leonardo, diretto da Papini.

Rientrato in Italia, prese parte alla Prima Guerra Mondiale come volontario, partecipando a diversi combattimenti sulla Bainsizza, restando ferito due volte e ottenendo una medaglia la valore. Da questa esperienza nacque il volume Kobilek, mentre dopo tragica pagina di Caporetto scrisse La ritirata del Friuli, che uscirà nel '19. Con l’adesione al Fascismo nel ‘22, anche la sua produzione artistica risentì della sua concezione politica autoritaria; la sua pittura divenne recupero dei caratteri della tradizione dei primitivi e del primo Quattrocento toscano, rivissuti con moderno senso plastico e spaziale in tanti superbi paesaggi della Versilia. Questo approccio pittorico sospeso fra la tradizione e le nuove concezioni figurative, ebbe un’influenza fondamentale su pittori quali Arrigo del Rigo, Gino Brogi e Leonetto Tintori, gli esponenti principali della cosiddetta Scuola di Prato che nacque appunto sull’esempio di Soffici.

La mostra poggese si concentra sulle tele di paesaggio, un tema scelto, spiega il curatore Luigi Cavallo, quale sintomo, pretesto e contesto della poetica artistica di Soffici. Ancora nel Novecento, a differenza dei nostri giorni, la poesia era parte integrante dell'opera dei pittori, autori di un'arte dell'uomo per l'uomo.

La lezione cubista, comunque minoritaria nel percorso sofficiano, la si ravvisa nell'interessante Casolari, dove, fra l'estrema sintesi formale, emerge comunque una vena lirica nella dolcezza con cui lo stilema cubista viene applicato, senza soffocare la sensibilità emotiva dell'aggraziato paesaggio toscano, con i cipressi a ricordare la presenza della natura. La campagna poggese e la costa della Versilia sono gli angoli di Toscana che Soffici peferisce, accompagnandoci in quel mondo silenzioso di bianche stradelle campestri, silenziose spiagge battute dal vento, assolate case coloniche, colline al tramonto, campi coltivati, pagliai e filari di viti. Un paesaggio umile ma profondamente vero.

L'adesione all'Avanguardia, in particolare quella cubista, è mutuata dalle radici toscane, ovvero di quelle proporzioni quattrocentesche che Picasso e Jacob rileggono alla luce di un nuovo sentire di respiro europeo. Pur radicato in Toscana, Soffici non subì il provincialismo, ma fu anzi artista attento e interessato alle correnti artistiche contemporanee del Vecchio Continente, e lo dimostrò l'interesse verso gli Impressionsiti, per i quali organizzò, nel 1909, una mostra a Firenze, la prima in Italia. Vedeva in loro quei cantori della natura e della luce, che anch'egli avrebbe voluto essere, e che di fatto sarà. Fra gli Impressionisti, le sue simpatie andavano a Cézanne, del quale lo affascinavano la solidità e la semplicità dei piani e della forma. Un'influenza che si nota in opere quali Il Savignone, Bulciano, Strada del Poggio.

La mostra si sviluppa su un arco cronologico che va dal 1903 al 1963, coperto da circa 50 tele che dalla fase giovanile giungono fino agli anni della maturità dell'artista, e affiancate da altre 15 tele di pittori a lui contemporanei, quali De Chirico, Viani, De Pisis, Carrà, Morandi. Tele che arricchiscono l'esposizione e contestualizzano l'opera di Soffici nel discorso artistico del Novecento italiano.

Nucleo fondante dell'esposizione, le tele degli anni 1920-63, nelle quali si compie quel "ritorno all'ordine" che segnò la sua fase matura, dove anche la Versilia s'inserisce massicciamente (Sulla via di Querceta, Vento sul mare, ecc.),

Osservando le tele di Soffici, l'ampia e pastosa pennellata che dà vita a ---, sembra d'immergersi in una prosa di Idilio Dell'Era, anch'egli cantore di una Toscana agreste, al limite dell'arcaico, dove le radici dell'uomo trovano un fondamento e un perché. La natura silenzionsa che accoglie l'esistenza, e la rende grata con la bellezza di cui la circonda. Ne è prova l'armonia delle case coloniche immerse nei cipressi e negli oliveti, le marine assolate, elementi che ritornano nell'opera sofficiana, rassicuranti presenze all'apparenza immutabili.

Buona parte dei paesaggi immortalati da Soffici sono oggi profondamente mutati, a causa di massicci interventi di antropizzazione. Campi, vigne, cipressi, borghi colonici, hanno lasciato spazio a insediamenti industriali e residenziali, che hanno profondamente stravolto l'equilibrio naturale e il rapporto dell'uomo con la sua terra. Si è così persa una parte non trascurabile di un patrimonio d'ineffabile bellezza, che ancora oggi costituisce un'importante risorsa economica, grazie al turismo, e alimentare. Ammirare questa bellezza attraverso le tele di Soffici, chissà che non possa essere di stimolo per un maggiore impegno nella salvaguardia di questo inestimabile patrimonio.

Ad arricchire la mostra, una sezione editoriale con le prime edizioni delle oepre di Soffici, e pagine di riviste con le quali collaborò, quali La Voce, Lacerba, Leonardo, organi di stampa di un'Italia più colta, della quale si avverte la mancanza.

Tutte le informazioni sugli orari e i biglietti, al sito www.museoardengosoffici.it.

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