App "Immuni": da oggi la sperimentazione in Toscana

La sicurezza dell'applicazione rispetto alla tutela dei dati sensibili è stata certificata da Mobisec, azienda specializzata nella mobile security. Prof Gambino a Radio Cusano tv: "Funzionerà solo se le Regioni faranno i tamponi dopo l'alert"

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
15 giugno 2020 11:02
App

Forte di oltre 2 milioni di download, per Immuni si è aperta la fase della sperimentazione in tutta Italia, dopo la fase sperimentale in Abruzzo, Puglia, Marche e Liguria della scorsa settimana. La diffusione su tutto il territorio nazionale servirà a testare l’efficacia dell’app nell’individuazione degli eventuali contatti degli utenti con persone positive al Coronavirus, permettendo loro di rivolgersi al medico di famiglia o alle strutture preposte.

Un’app che non prevede la geolocalizzazione degli utenti né richiede dati personali sensibili all’atto dell’installazione sul proprio smartphone, a garanzia di tutela della privacy: tutela garantita ulteriormente da Mobisec, azienda che dal 2017 certifica la cyber security in ambito mobile, che ha effettuato approfonditi test di sicurezza sull’app per verificarne l’affidabilità.

“Lavoriamo da anni per garantire la sicurezza delle applicazioni mobile delle principali aziende nei più disparati mercati, dal bancario all’assicurativo, dalla pubblica amministrazione ai digital payments alla telefonia, sia a livello nazionale che internazionale – dice Alberto Zannol, fondatore e CEO di Mobisec. - Un’expertise che ci ha consentito di essere chiamati da Bending Spoons in qualità di best in class per verificare la totale sicurezza di Immuni e sgombrare definitivamente il campo da qualsiasi timore legato alla privacy, che è garantita al 100%”.

I test effettuati, attraverso procedure di hacking “white hat”, hanno consentito a Mobisec di analizzare l’architettura dell’app e il suo funzionamento una volta installata su dispositivo mobile, individuando quali potessero essere i punti deboli e di attacco su cui un hacker avrebbe potuto agire: sono così state isolate le possibili vulnerabilità dell’app e i rischi, come la mancanza di protezione durante la trasmissione, l'utilizzo, il processo e la conservazione delle informazioni: un percorso necessario a garantire un risultato ottimale circa la totale sicurezza dell’app.L’app richiede un solo dato “sensibile”, ovvero l’inserimento della propria Regione e provincia di appartenenza, necessità dettata unicamente dall’esistenza di regolamenti che territorialmente possono variare: gli utenti sono identificati da codici di prossimità generati casualmente e variabili più volte nel corso della giornata, il che rende possibile però individuare l’eventuale contatto, per prossimità, con un soggetto positivo.

“Si tratta di un’app che per sicurezza è decisamente al di sopra della qualità che quotidianamente riscontriamo nel nostro lavoro – dice Zannol. – Per questo ritengo che si possa utilizzare in tutta tranquillità, partecipando al contempo a un più ampio progetto di tutela della salute collettiva”.

L’app Immuni funzionerà “soltanto se riusciremo a capire dopo che ci è arrivato l’alert che cosa succederà, cioè se una volta che ci autodenunciamo all’autorità sanitarie ci verrà fatto il tampone in poche ore”, queste le parole del prof. Alberto Gambino, prorettore vicario dell’Università Europea di Roma e presidente dell’Italian Academy of the Internet Code durante il telegiornale di Radio Cusano tv Italia (264 dtt). “Se così fosse e quindi le Regioni garantiranno questo, ci saranno milioni e milioni di italiani che la scaricheranno, - prosegue il professore e giurista Gambino - ma se invece le regioni non garantiranno un tampone a tutti gli allertati, io stesso ho seri dubbi se scaricarmela o no, perché significherebbe che una volta che mi arriva l’allert chiamo l’autorità sanitaria e magari mi dice di stare a casa altre due settimane.

Dopo un lockdown così duro, non so quanti saranno quelli che si assumeranno questo rischio”.

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