Per amministrare un condominio la fiducia non basta: ecco i requisiti

La scelta di un buon amministratore è sempre più necessaria per gestire al meglio un bilancio comune che richiede intelligenza e raziocinio

Marco
Marco Suisola
19 febbraio 2019 15:09
Per amministrare un condominio la fiducia non basta: ecco i requisiti

Negli ultimi anni la figura dell'Amministratore di Condominio si è resa sempre più utile, specialmente per fare fronte a tematiche quali le spese condominiali, l'uso degli spazi comuni e spesso per superare gli stalli decisionali dovuti a contrasti tra vicini di casa.  Tra le varie mail giunte a nove@nove.firenze.it ci sono richieste di consigli su come scegliere, con giudizio, la figura professionale alla quale delegare la gestione del proprio immobile. Basta la fiducia?L’amministratore è l’organo esecutivo del condominio e il suo rapporto con i singoli condomini è regolato dalle norme del codice civile sul mandato con rappresentanza: ciò significa, in breve, che l’amministratore può compiere atti in nome e per conto dei singoli condomini che rappresenta.Prima della relativa riforma, l’unico requisito che la legge richiedeva affinché un amministratore fosse eleggibile era la fiducia dei singoli condomini che si concretizzava nell’elezione dell’amministratore stesso da parte dell’assemblea condominiale.

Ad oggi, invece, l’art. 71 bis delle disposizioni di attuazione al codice civile (introdotto dalla riforma) individua quelli che sono i requisiti richiesti all’amministratore per poter essere eletto ed esercitare il proprio incarico.

Per sopperire ad eventuali carenze, la legge di riforma prevedeva, in via transitoria, che coloro i quali avessero ricoperto la carica di amministratore per almeno un anno nell’arco dei tre anni precedenti alla data di entrata in vigore della legge stessa (18 giugno 2013), avrebbero potuto continuare ad esercitare la funzione anche in mancanza dei requisiti professionali (seppure con l’obbligo di una formazione periodica).Con riferimento all’ufficio di amministratore, al momento nessuna norma prevede l’istituzione di un albo professionale per questa figura lavorativa.

Così, per quanto riguarda le associazioni di categoria, la normativa attualmente vigente (l. 4/2013) attribuisce all’amministratore la possibilità di iscriversi ad una di queste ma non istituisce alcun obbligo.

Per quanto concerne la personalità giuridica della figura dell’amministratore, l’art. 71 bis delle disposizioni di attuazione al codice civile prevede che l’ufficio di amministratore può essere ricoperto anche da società, siano esse di persone (società semplici, società in nome collettivo o società in accomandita semplice) o di capitali (società a responsabilità limitata, società per azioni o società in accomandita per azioni).

Per questa specifica fattispecie, i requisiti di cui allo stesso art. 71 bis vanno valutati con riferimento ai soci con responsabilità illimitata (ove ce ne siano), agli amministratori e ai dipendenti incaricati di svolgere in concreto le funzioni di amministrazione.

Riprendendo il discorso sui requisiti, la perdita dei requisiti di onorabilità di cui alle lettere a), b), c), d), e) del 71 bis comporta la cessazione dall’incarico di amministratore. Questo vizio, data la sua particolare gravità, può essere rilevato e fatto valere da ciascun condomino (anche da coloro che abbiano espresso voto favorevole alla nomina dell’amministratore “viziato”) e senza alcun limite temporale.

A ciascun condomino è attribuita, inoltre, la facoltà di convocare l’assemblea per la nomina del nuovo amministratore.

Con riferimento ai requisiti formativi e professionali di cui alle lettere f), g) dell’art. 71 bis, nel silenzio della legge, si ritiene che la mancanza dei requisiti dei quali la legge richiede la sussistenza al momento della nomina costituisca un vizio della medesima gravità di quello dovuto alla mancanza dei requisiti di onorabilità e che, quindi, comporti le medesime conseguenze riguardo la sua rilevabilità e la nomina del successivo amministratore.

Situazione diversa si ha, invece, nel caso in cui l’amministratore manchi di sottoporsi ai dovuti corsi di aggiornamento. Al presentarsi di questa fattispecie, si avrebbe la possibilità di eccepire la delibera di nomina dell’amministratore inadempiente secondo quanto stabilito dall’art. 1137 c.c. (entro 30 giorni dalla data della deliberazione per i condomini presenti se astenuti o dissenzienti e dalla data della comunicazione per gli assenti. Sono, invece, esclusi da questa facoltà i favorevoli).

Recentemente però, il Tribunale di Padova, facendosi portavoce di un’interpretazione largamente diffusa e condivisa da altri Tribunali, ha eccepito che a questa tipologia di vizio conseguirebbe l’impossibilità per l’amministratore di svolgere incarichi nell’anno successivo a quello in cui viene rilevata l’inadempienza e la nullità della sua delibera di nomina (e quindi la sua eccepibilità da parte di tutti i condomini e senza limitazioni temporali).

Riguardo all’aspetto economico, peraltro, le spese che l’amministratore deve sostenere per i corsi di aggiornamento non possono essere addebitate al condominio ma devono essere sostenute dall’amministratore in prima persona.

L'Amministratore Risponde — rubrica a cura di Marco Suisola

Marco
Marco Suisola

Svolge l’attività di amministratore di condominio a livello professionale dal 1999. Laureato presso l'Università di Firenze, è esperto giuridico immobiliare. Associato alla Federazione nazionale amministratori fino al 2015, diventa socio fondatore della Confart-amministratori. Attualmente nel CdA ricopre il ruolo di Tesoriere. Svolge con regolarità l’aggiornamento professionale previsto per normativa dalla legge 140/201414. Ha la qualifica di Revisore condominiale, Consulente tecnico di ufficio in ambito condominiale info@marcosuisola.it

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