Da Battambang a Livorno via Parigi

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
06 giugno 2009 21:01
Da Battambang a Livorno via Parigi

Sono una quindicina di ragazzi e ragazze esperti nelle arti circensi e arriveranno a Livorno da Battambang, in Cambogia, a giugno. Si chiamano Phare Ponleu Selpak Cirk, e venerdì 19 alle 22 porteranno in scena in Fortezza vecchia la loro ultima produzione "Putho!" (in khmer "Mio Dio!"). L'evento, preceduto il 18 dall'inaugurazione di due mostre fotografiche e da un incontro in via del Platano 6, è stato organizzato dal Centro artistico Il Grattacielo con la collaborazione di Emergency e il contributo del Comune di Livorno e di Ogniquindici.

La storia di questa compagnia parte da lontano, ed è intrecciata strettamente alle drammatiche vicende che hanno segnato la seconda metà del '900 nell'Indocina e in particolare in Cambogia: dalla crociata monarchica per l'indipendenza di Sihanouk passando per la sua Comunità socialista popolare (Sangkum) fino ai primi bombardamenti americani, nel 1969, e all'invasione sud-vietnamita del 1970; dalla guerriglia dei Khmer Rouges di Pol Pot che nel 1975 conquistarono la capitale Phnom Penh instaurando un regime che fece due milioni di morti nell'impresa di forgiare il comunista perfetto, alla nuova invasione vietnamita del 1978 e alla difficile fase di assestamento degli anni ‘80.

Il nucleo da cui si svilupperà il progetto di una compagnia di circensi è costituito infatti da una serie di laboratori espressivi che furono attivati nel 1986 in un campo profughi sul confine thailandese per aiutare i bambini a superare il trauma del conflitto bellico. L'esperimento si rivelò efficace e fu portato avanti fino a quando, nel 1994, dopo le elezioni monitorate dall'Onu, la nuova costituzione e il reisediamento di Sihanouk sul trono, un gruppo di persone che aveva beneficiato dei primi laboratori decise di fondare un'associazione che portasse avanti l'obiettivo di aiutare la risocializzazione di bambini in difficoltà attraverso le pratiche artistiche.

Per questo la nuova associazione fu chiamata Phare Ponleu Selpak, che in khmer vuol dire "la lucentezza dell'arte".
Oggi Phare Ponleu Selpak è una Ong con sede a Battambang che svolge un importante lavoro di recupero sociale con bambini vittime di violenze domestiche, abbandono, accattonaggio, malattia, grave povertà. Lo scopo è quello di aiutare il loro sviluppo individuale fornendo strumenti, spazi e competenze e, allo stesso tempo, lavorando alla ricostruzione di un'identità culturale nazionale che sappia conciliare gli elementi più significativi della tradizione con la modernità.

L'idea di fondo è che le persone possano raggiungere la consapevolezza di essere portatrici di diritti e le capacità di accedervi solo se possono ricollocare le prorpie esperienze all'interno di un orizzonte collettivo (in questo caso, la tradizione cambogiana fatta a pezzi dallo sciagurato tentativo di rivoluzione antropologica intrapreso da Pol Pot). In concreto, l'attività del Phare Ponleu Selpak si articola su due fronti fondamentali: erogazione di servizi sociali e formazione. La struttura ospita permanentemente trenta bambini e ne segue altri quarantasei alloggiati presso le loro famiglie e comunità d'origine.

A tutti questi garantisce un programma alimentare (tre pasti al giorno), assistenza medica, supporto educativo attraverso materiali e personale oltre a un'ampia serie di attività ricreative e artistiche. All'interno della sue sede, poi, Phare Ponleu Selpak ha una scuola pubblica frequentata da 1250 bambini e impegnata anche nella formazione e nell'aggiornamento dei docenti (compito imprescindibile in un paese dove più della metà della popolazione ha meno di trent'anni, e dove le classi istruite sono state decimate inseguendo il sogno di una società agricola di stampo maoista), una ludoteca, un centro educativo (frequentata ogni giorno da almeno 150 bambini), una biblioteca e ben tre scuole d'arte (musica, arti visive, arti performative) che sono state riconosciute dal Ministero della cultura come principale polo culturale della Cambogia occidentale.

La scuola di circo è uno dei rami di quella di arti performative (l'altro è il teatro), e uno dei corsi di maggior successo tra quelli attivati per le sue capacità di permettere in un ambiente protetto quel confronto col rischio e col pericolo che è una tappa obbligata dell'adolescenza e per il suo investimento sul lavoro di gruppo e sui rapporti di fiducia. Nata undici anni fa, è attualmente frequentata da 120 alunni che, ogni giorno, affrontano sei ore di lezione divisi in gruppi sulla base dell'età e dei livelli di apprendimento.

Nel corso del 2008 la scuola di circo ha ospitato più di venti docenti qualificati da tutto il mondo, inserendo materie solitamente non previste dall'ordinamento di studi. Per iniziativa di un gruppo di studenti tra i più talentuosi, nei primi anni di attività, nacque una compagnia i cui spettacoli, dopo il successo in patria dei primi due ("Bong touch bong thom" e "Holiday", dedicati alla vita dei ragazzi di strada), cominciarono a girare in Europa grazie all'interessamento dell'associazione francese Collectif Clowns d'ailleurs et d'ici.

"Putho!" (in khmer "Dio mio!") è l'ultimo spettacolo del Phare Ponleu Selpak Cirk, concepito durante due corsi di perfezionamento a cui la compagnia si è sottoposta in Vietnam (alla Vitnam circus school di Hanoi) e in Francia (all'Ecole de cirque de Lomme) e prodotto lo scorso novembre insieme alla Philippine Educational Theater Association. Il tema è ancora quello della giovinezza, qui celebrata nei aspetti distruttivi come in quelli più vitali. Il merito del suo approdo a Livorno come unica città italiana toccata dal tour europeo è di Alessandro Brucioni, direttore del Centro artistico Il Grattacielo, che ha passato a Battambang il gennaio e il febbraio scorsi per realizzare un video documentario attualmente in post-produzione e ha lavorato a stretto contatto con gli artisti del Phare Ponleu Selpak Cirk.

Sua sarà una delle due mostre che saranno inaugurate giovedì 18 giugno in via del Platano, quella intitolata “Le donne di Tuol Sleng” e dedicata al museo del genocidio che si trova a Phnom Penh (Tuol Sleng vuol dire “collina degli alberi velenosi”, un nome di per sé già inquietante). A questa si aggiungerà una mostra curata da Emergency. Il 19 invece, lo spettacolo sarà preceduto dall’incontro -aperitivo con Nguon Tho Bovannrith, autore del libro “Cercate l’Angkar. Il terrore dei Khmer rossi raccontato da un sopravvissuto cambogiano” (Jaca Book 2005).

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