Le “Terre d’ Arno “nella pittura italiana tra fine Seicento e metà Novecento
In mostra a Serravezza

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
03 luglio 2008 01:32
Le “Terre d’ Arno “nella pittura italiana  tra fine Seicento e metà Novecento <BR> In mostra a Serravezza

Serravezza (Lucca) Raccontare l’Arno e la sua valle è l’intento di una mostra in programma al Palazzo Mediceo di Serravezza dal 5 luglio al 12 ottobre. Dalle preziose incisioni seicentesche dedicate alle vedute di Firenze ai capolavori dei protagonisti del movimento macchiaiolo intenti a ritrarre la vita e il lavoro sulle rive del fiume, la mostra “Terre d’Arno” narra la storia di un bacino fluviale che da sempre è stato soggetto privilegiato di artisti e paesaggisti. La “fortuna” dell’Arno come elemento iconografico inizia col pittore polacco Pandolfo Reschi che, a Firenze nella seconda metà degli anni ’60 del Seicento, dipinge grandi tele come la “ Veduta dell’Arno alle Cascine” ed è, per così dire alimentata da Gaspar Van Wittwel che dipinge intorno al 1694 “Veduta di Firenze dal Pignone”, in cui l’artista ci regala nell’esattezza ottica e nella ricchezza descrittiva una visione per così dire “normale’ e lontana da quel culto delle rovine che aveva indotto gli artisti precedenti a ignorare l’Arno.

E’ il clima innovativo di fine Seicento che induce a una nuova visione della “realtà” e anche alla pittura di paesaggio e alle scene di genere. Quest’attenzione all’Arno sarà, poi particolarmente significativa, nella seconda metà dell’Ottocento quando la tematica di vita e di lavoro sull’Arno diventerà dominante nell’opera di alcuni tra i più grandi artisti dell’epoca. Opere come I renaioli sull’Arno di Stanislao Pointeau, Bilancia a Bocca d’Arno di Niccolò Cannicci, La pesca di Egisto Ferroni, Accampamento di zingari sull’Arno di Giovanni Fattori, appaiono oggi come un’importante testimonianza dell’epica di un mondo scomparso.

Nei quadri troviamo barcaioli, renaioli, tiratori di alzaie, tintori, protagonisti di lavori umili e faticosi ai quali ancora appartiene il fiume , che forse noi contemporanei dovremmo tutti considerare con maggiore attenzione e rispetto .
In questa bella e suggestiva mostra è particolarmente significativa anchela produzione della prima metà del Novecento, dove artisti come Benvenuto Benvenuti Spartaco Carlini Lorenzo Viani, Ulvi Liegi e Silvio Pucci Terzolle, reinterpretano il paesaggio dell’Arno con tratti di grande modernità.

Sul comune sfondo di suggestivi scorci fluviali ritroviamo nelle sale di Palazzo Mediceo le tele di Sineo Gimignani, Arturo Checchi, Achille Lega, Guido Spadolini, che ci accompagnano fino alle soglie del secondo conflitto mondiale quando il fiume con i suoi ponti minati e distrutti dalle truppe d’occupazione tornerà ad essere una delle immagini simbolo della guerra..
La mostra, a cura di Enrico Dei e Andrea Baldinotti, è corredata da un ottimo catalogo,edito Bandecchi&Vivaldi, che contiene saggi significativi che sottolineando la storia e l’immagine del principale fiume di Toscana, suggeriscono forse una maggior attenzione anche ai problemi ambientali .

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