Insetto killer: 184 comuni toscani colpiti

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
19 marzo 2008 23:45
Insetto killer: 184 comuni toscani colpiti

Firenze– Sono 184 i comuni toscani colpiti dal “Matsucoccus feytaudi”, l’insetto-killer del pino marittimo, che entra sotto la corteccia, succhia la linfa e uccide gli alberi in un paio d’anni. Una vera emergenza per la Toscana, la regione più boscata d’Italia, con oltre il 50% della superficie coperta da boschi e con circa 40.000 ettari di pino marittimo sul suo territorio. Una delle zone più colpite è la costa attorno a San Rossore, con 216 ettari già infestati. Una situazione che richiede interventi, risorse, ricerca per arginare gli attacchi parassitari.

Ma il Matsucoccus non è l’unico problema: poco più a sud, in Maremma, è il pino domestico ad essere colpito da un altro insetto, il “cimicione americano”, come viene chiamato. In questo caso la pianta non muore ma la produzione di pinoli viene compromessa, con drammatici risvolti sulle aziende e l’occupazione. Questa la situazione che emerge dall’incontro che la commissione Territorio e ambiente, insieme alla commissione Agricoltura, hanno avuto con i rappresentanti del Parco di Migliarino San Rossore Massaciuccoli e della Maremma, con l’assessore alla difesa del suolo e gli esperti della Giunta regionale e dell’Arsia.

Le commissioni – hanno annunciato i due presidenti – intendono preparare una risoluzione congiunta da portare in Consiglio regionale, per chiedere più risorse e interventi a tutela delle pinete, del paesaggio, dell’occupazione, puntando in primo luogo sulla ricerca. I metodi finora usati infatti anche se hanno rallentato la diffusione del Matsucoccus non hanno eliminato il problema. La cattura dei maschi grazie alle trappole ai feromoni e l’abbattimento degli alberi malati non rappresentano soluzioni definitive, e si sta pensando all’introduzione di un clone di pino resistente, che potrebbe essere importato dal Marocco (la zona di provenienza dell’insetto), o forse anche trovato in Lucchesia: sembra infatti che alcuni esemplari resistenti ci siano anche qui.

Ma per andare avanti servono ricerche e per le ricerche servono fondi, perché i parchi da soli non ce la fanno: questa la valutazione del presidente della commissione Territorio e ambiente, per il quale il problema ha portata nazionale. Oltretutto, come ha sottolineato i presidente della commissione Agricoltura, un pericoloso corollario è rappresentato dagli incendi, favoriti dalla presenza di tronchi e rami secchi. Regione, Parchi ed Arsia si stanno muovendo. Il parco di San Rossore, ha spiegato il presidente dell’ente, ha messo a punto un piano quinquennale impegnando per i prossimi anni oltre 300.000 euro l’anno, la Regione dal 2002 ha finanziato 800.000 euro di interventi che hanno portato ad esempio alla cattura di 14 milioni di insetti e dal 2006 mette a disposizione 135 mila euro l’anno, oltre alle misure previste nel piano di sviluppo rurale.

Ma in mancanza di una soluzione radicale il rischio è un cambiamento definitivo del paesaggio. A questo si aggiungono i danni per l’occupazione e per il tessuto produttivo in Maremma, come hanno sottolineato il vicepresidente della commissione Territorio e ambiente ed altri commissari, chiedendo interventi specifici anche in questo campo. Del problema complessivo si occuperà presto il Consiglio regionale, discutendo la risoluzione annunciata dalle commissioni.
''Questa è una lotta contro il tempo e purtroppo dimostra i danni del riscaldamento progressivo del clima che permette a insetti nocivi di espandersi nel nostro ecosistema senza incontrare nemici naturali.

Questa malattia dei pini è preoccupante e per questo occorre rafforzare l’ottimo lavoro che vede già impegnata la Regione e i Parchi toscani per difendere le nostre pinete costiere tra Calambrone, Tirrenia, San Rossore e parte della Maremma. C’è bisogno sia di azioni di pronto soccorso – i tagli dei pini infestati sono inevitabili – sia di uno sforzo straordinario di ricerca delle metodologie di lotta biologica e naturale. Nel mondo vi sono ricercatori e centri di ricerca di eccellenza e l’appello è di rafforzare una linea di ricerca per individuare gli strumenti di difesa naturale dalle infestazioni della cocciniglia Matsucoccus feytaudi.

I nostri Parchi, in particolare il Parco di San Rossore, è disponibile ad ospitare una struttura internazionale di ricerca scientifica”. Così Erasmo D’Angelis (Pd), presidente della commissione Ambiente e Territorio del Consiglio Regionale, lancia il suo appello internazionale con un video pubblicato su YouTube e scrivendo una lettera a Bioversity International, l’organizzazione internazionale, con sede centrale a Roma e con 16 centri di ricerca in tutto il mondo, che dal 1974 opera su mandato anche della Nazioni Unite per difendere la biodiversità e salvaguardando dall’estinzione le specie vegetali.

“Purtroppo il parassita dei pini marittimi – continua D’Angelis - ha già colpito dal 2003 ben 184 Comuni della Toscana e un’area vasta 216 ettari nella sola zona tra Pisa e Viareggio, con circa 10 mila pini marittimi da abbattere e un intervento imponente di reimpianto e ricostruzione della fascia verde. Il Leptoglossus occidentalis, che distrugge i pinoli dei pini domestici costieri sta facendo registrare una contrazione del 70% nella produzione di pinoli nella Maremma, che concentra due terzi della produzione nazionale, con la crisi in circa 40 aziende del settore”.

“I pini – conclude D’Angelis - non sono né di centrodestra né di centrosinistra ma sono un patrimonio dei toscani e del bel paesaggio italiano, per questo tra le prime misure del nuovo governo devono essere garantite le risorse necessarie per gestire questa emergenza, aumentare i controlli sul commercio di materiale legnoso infestato che veicola la diffusione degli insetti killer, rafforzare le risorse per individuare il parassita già dai primi focolai che potrebbero interessare anche altre Regioni, garantire risorse per la rapida ricostruzione del paesaggio, magari concentrandosi sulla ricerca di pini resistenti all'attacco dell'insetto”.
«Basta parole: la Regione attivi progetti mirati a tutela dei pini maremmani aggrediti dal cimicione, così da garantire il lavoro dei pinottolai ma anche la salute delle pinete».

Questo l’appello lanciato oggi dai Consiglieri regionali Andrea Agresti (An), Vicepresidente della Commissione consiliare VI (Ambiente e Territorio), e Giancarlo Tei (Ps), Segretario della Commissione II (Agricoltura). Le due commissioni hanno discusso oggi in seduta congiunta dello stato di salute del patrimonio pinetato toscano, interamente sotto attacco di due differenti insetti che ne minano la fruttificazione, quando non la sopravvivenza. Ne sanno ben qualcosa Agresti e Tei, che in Maremma assistono ormai da anni alla progressiva diminuzione della produzione di pigne da pinoli, con tanto di aziende grossetane costrette spesso a importarne fin dal Portogallo.

In Maremma, il killer del pinolo si chiama ‘cimicione’ (nome in codice: Leptoglossus Occidentalis) e pare divertirsi un mondo a sgranocchiarne le gemme, così da renderne inutile la raccolta e la lavorazione. Insomma, col cimicione all’opera la produzione si va progressivamente bloccando. Per questo oggi i due consiglieri regionali, durante i lavori di Commissione, hanno insistito sull’urgenza di proseguire la ricerca scientifica fino a pensare progetti mirati al contrasto di questa cimice di origine nordamericana, così da salvaguardare sia i livelli occupazionali in un settore importante dell’economia maremmana, sia il buono stato di salute delle pinete assicurato dall’attività manutentiva di raccoglitori esperti e professionali.

Invece, affermano Agresti e Tei, ancora una volta le risorse regionali sono poche e i cimicioni sono tanti, in un bilancio che pesa a netto sfavore dei pini e dell’economia che vi ruota attorno: «Dal 2002 – spiegano infatti Agresti e Tei – le circa venti aziende dislocate nella provincia di Grosseto per la lavorazione di pigne e pinoli hanno evidenziato una progressiva diminuzione della produzione, ammontante in origine a circa 20mila tonnellate di pigne a stagione (quasi un terzo dell’intera produzione nazionale), e a circa 4mila tonnellate di pinoli.

Al momento – spiegano i consiglieri regionali – le aziende maremmane del settore impiegano circa 250/300 addetti e, in assenza di alternative, si vedono costrette a importare pigne da pinoli dal Portogallo, con costi elevatissimi e snaturando quella che è da tempo produzione tipica e fondamento dell’economia di certe zone della provincia di Grosseto. Inoltre – proseguono - tale importazione risolve parzialmente il problema solo per quelle aziende che si occupano della trasformazione del prodotto, senza aiutare quelle specializzate nella raccolta».

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