Aste: arredi, oggetti d’arte e dipinti antichi alla Casa Pandolfini

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
03 ottobre 2007 13:57
Aste: arredi, oggetti d’arte e dipinti antichi alla Casa Pandolfini

La Casa d’Aste Pandolfini inaugura la stagione autunnale 2007 con due sessioni di vendita che si svolgeranno in Palazzo Ramirez Montalvo (Borgo degli Albizi, 26, Firenze) rispettivamente martedì 9 ottobre, ore 16.00, con un’asta di mobili, arredi e oggetti d’arte antichi, e mercoledì 10 ottobre, sempre alle ore 16.00, con un’asta di dipinti antichi.
Le opere saranno visibili al pubblico presso la sede fiorentina da venerdì 5 a lunedì 8 ottobre con il seguente orario, dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 19.

Sarà pubblicato, per l’occasione, un catalogo di vendita di circa 400 lotti.
Alla sessione del 9 ottobre andranno all’incanto, tra gli altri, un nucleo di bronzi di alta epoca, alcuni oggetti da collezione, tappeti ed arazzi. Segnaliamo in particolare un raro armadio da studio, Firenze prima metà sec. XVI (lotto 29, stima 32.000/42.000 euro), in noce intagliato a patina scura, con cappello modanato, fronte scompartito in due ordini di formelle rettangolari scorniciate e sovrapposte con due sportelli, base modanata, piedi a plinto sagomato, interno con vano segreto portadocumenti.

Esemplari simili si trovano nel volume Il museo di Palazzo Davanzati a Firenze a cura di Luciano Berti (Venezia s.d., pp.197-198, tavv. 64-66) oppure in I mobili e l'abitazione del Rinascimento in Italia, pubblicazione a cura di F. Schottmuller (Torino 1921, p. 109, n.246). Un importante tavolo da centro, Toscana, fine sec. XVI (lotto 30, stima 25.000/35.000 euro), in noce intagliato a patina scura con piano rettangolare formato da due sole tavole, eleganti gambe sagomate a volute contrapposte e centrate da cartiglio con stemma nobiliare, decorate nella parte interna con lo stesso motivo di quella esterna ma realizzato ad incisione e riunite da grande traversa scolpita a girali concentriche e motivo a squame, su piedi scolpiti a zampa leonina e volute.

Il mobile è simile nella fattura al grande tavolo della collezione Cini nel Castello di Monselice (Padova), pubblicato in Mobili italiani del Seicento e del Settecento di G. Mazzario (Milano 1964, p 99) e il tavolo conservato al Museo Nazionale del Bargello a Firenze pubblicato ne L’ambiente, il mobilio e le decorazioni del Rinascimento in Italia di A. Pedrini (Torino 1925, p 102 n. 247).
Un’angoliera a doppio corpo, Liguria, metà sec. XVIII (lotto 143, stima 17.000/20.000 euro), in noce e radica di noce intarsiata in bois de rose; la parte superiore presenta una cimasa sagomata, uno sportello a vetro centinato, mentre la parte inferiore ha un fronte mosso a due sportelli decorati al centro da riserva sagomata con rosone, pendaglina sagomata e gambe mosse.

E ancora un Secrétaire, Austria, fine sec. XIX, in stile Biedermeier (lotto 183, stima 3.000/4.000 euro), in noce e radica di noce intarsiato a marqueterie, cappello modellato a timpano, un cassetto nella fascia, sportello a calatoia, scarabattolo interno a prospetto architettonico con cassetti e segreto, tre cassetti nella parte sottostante inquadrati da lesene, piedi a plinto.
Un arazzo, manifattura di Oudenaarde, fine sec. XVII inizi sec. XVIII (lotto 58, stima 50.000/ 60.000 euro), raffigurante una scena dell’Antico Testamento.

L’iconografia, tratta dalle storie del libro di Giosuè, rappresenta in modo dinamico le varie fasi della battaglia nella quale Giosuè sconfigge a Gabaon i cinque Re Amorrei con l’aiuto dei popoli di Israele. La presenza del sole, raffigurato sullo sfondo dell’arazzo è ispirata dall’episodio in cui Giosuè, per avere una vittoria completa sul nemico in fuga si rivolge al sole, di fronte al popolo degli Israeliti, con le parole: “Sole, fermati in Gàbaon e tu, luna, sulla valle di Aialon”, ed il sole e la luna rimangono fermi in mezzo al cielo per quasi un giorno intero finchè i nemici non vengono sconfitti.

In primo piano l’episodio in cui Giosuè, dopo aver fatto condurre di fronte a lui i cinque re sconfitti, convoca tutti gli Israeliti e dice ai capi dei guerrieri che avevano marciato con lui: "Accostatevi e ponete i vostri piedi sul collo di questi re!” Quelli s'accostarono e posero i piedi sul loro collo". Nelle bordure laterali sono raffigurati personaggi allegorici entro architetture fra candelabre di fiori e frutti, mentre in quelle orizzontali si svolge un motivo a ceste di frutta e fiori intercalato da animali e personaggi allegorici.

(Bibl.: I. De Meuter – M. Vanwelde, Oudenaardse Wandtapijten van de 16de tot de 18de eeuw -Tapisseries d’Audenarde du XVIe au XVIIIe siécle, 1999, pp. 176-178, n. 34).
Tra gli oggetti, segnaliamo invece un orologio da tavolo, Parigi, seconda metà sec. XIX (lotto 175, stima 4.000/5.000 euro), in bronzo dorato e brunito, modellato ad elefante che sostiene la cassa modellata a canna di bambù entro cui si trova il quadrante con numeri romani in smalto, sopra la cassa due piccole sculture modellate a bambini su cuscini, con meccanismo con scappamento ad ancora e sospensione a filo di seta.

Infine un prezioso altarolo con la Vergine ed angioli (lotto 215, stima 11.000/13.000 euro) entro astuccio in pelle, con ante aperte, decorato con lapislazzuli, oro, rubini, zaffiri, smalti, coralli, argento e perle dell’orafo e sculture, d’origine genovese, Alfredo Ravasco (1873-1958). Dal 1906, data della sua partecipazione all’esposizione pubblica tenutasi a Milano per il traforo del Sempione, Ravasco diviene presenza costante e di prestigio all’interno delle principali mostre orafe e d’arte decorativa nazionali e internazionali.

Gioielli, oreficeria religiosa, oggettistica, sono sperimentati con grande abilità da Ravasco attraverso l’uso di materiali diversi, con la preferenza accordata alle pietre dure dal forte cromatismo modellate in forme rigorose e asciutte, cui si abbinano dettagli veristici, preferibilmente zoomorfi, in metallo smaltato o pietre dure. Alfredo Ravasco eseguì diversi ‘altaroli’ con il soggetto della Vergine e il Bambino, destinati prevalentemente ad un’altolocata clientela femminile. Ben introdotto nel mondo culturale, l’artista ha tenuto rapporti con letterati e artisti diversi, incluso Gio Ponti, con il quale condivise poetiche e imprese culturali, ottenendo anche incarichi organizzativi (Biennali di Monza e Triennali di Milanoe didattici.
Di Ravasco troviamo in asta anche una scatola in malachite, onice, e giadeite (lotto 216, stima 23.000/25.000 euro) che reca all’interno del coperchio la scritta: Al Duce fondatore dell’impero, il Direttorio Nazionale del Partito.

29.ottobre XVII E.F. Al centro del coperchio è posto un tondo con ideogramma in argento e smalti mentre sul retro è l’iscrizione ‘A. Libera’. La data del 29 ottobre 1939 (anno XVII dell’Era Fascista) incisa sul cofanetto, risolto in puri e solidi volumi dall’impronta classica che citano i sarcofagi antichi ‘ad urna’, coincide con quella dell’inaugurazione ad opera di Benito Mussolini della città di Pomezia, V Comune bonificato dell’Agro Pontino, alla cui progettazione partecipò anche l’architetto Adalberto Libera (Villa Lagarina, Trento, 1903-1963), autore del disegno della scatola in esame.

Gli esiti formali della scatola in malachite ben si inquadrano nel suo stile fatto di purezza classica e perfetta corrispondenza tra geometria e costruzione di semplici volumi, in perfetta sintonia con la poetica formale di Alfredo Ravasco, celebre orafo-scultore del Ventennio italiano.
Nella sessione del 10 ottobre, tra i dipinti più significativi troviamo un trittico del pittore Marco Antonio Aquili (documentato a Rieti tra 1506 e 1526) raffigurante Madonna Col Bambino, San Giovanni Battista e Santo (lotto 359, stima 90.000/120.000 euro), tempera su legno a fondo oro, entro cornice in legno scolpito dorato e decorato a tempera, firmato in basso a destra: MARCANTANIUS DE URBE PINXIT M.V.VII, proveniente dalla Famiglia De Dombrowski, Castello di Vincigliata, Firenze.

Marcantio Aquili, figlio di Antoniazzo Romano, è probabilmente nato a Roma, ma gran parte della sua vita è documentato a Rieti. Lì diventò cittadino prima del 1514. Marcantonio era probabilmente venuto a Rieti con Antoniazzo Romano, già dal 1505. Antoniazzo, in quell’anno, era impegnato in una delle sue ultime opere documentate, uno stendardo per la confraternita di S. Antonio di Padova (una breve biografia di Marcantonio si trova in Anna Cavallaro, Antoniazzo Romano e gli Antoniazzeschi, una generazione di pittori nella Roma del Quattrocento, Udine 1992, pp.

127-129). Questo trittico è il primo dipinto conosciuto di Marcantonio. Nel 1506 sono documentati altri due lavori a Rieti, uno stendardo e una pala d’altare per la confraternita di S. Pietro Martire, entrambi dispersi. Il trittico di Marcantonio presenta delle consonanze con il suo trittico firmato e datato 1511 nel museo di Rieti, ma anche con alcune opere ascritte alla bottega di Antoniazzo Romano. Quest’ultime sono però qualitativamente inferiori rispetto al trittico qui presentato. La posa della Madonna ricorre in molti dipinti della bottega e di seguaci di Antoniazzo Romano.

Anche il S.Giovanni è conosciuto tramite una versione assai meno incisiva dalla bottega di Antoniazzo, ora conservato nella Staatliche Kunsthalle di Karlsruhe (Cavallaro, op. cit. cat. 82, p. 401 fig. 152). Il ricorrere di motivi del repertorio di Antoniazzo Romano e la composizione pacata conferma in maniera stilistica la datazione precoce del trittico nell’opera di Marcantonio Aquilli. Il padre Antoniazzo (morto tra 1508 e 1512) era ancora con Marcantonio quando questo firmò il presente trittico, affermandosi come artista autonomo e emancipato dalla bottega, con una qualità pittorica chiaramente superiore.

Da lì in poi lui mette la sua impronta stilistica sulla pittura reatina del suo tempo. L’opera è in regime di temporanea importazione artistica in Italia.
Attribuito a Ciro Ferri (Roma 1634 – 1689), un olio su tela raffigurante La Pace e la Giustizia si baciano (lotto 376, stima 16.000/18.000 euro). Questo dipinto è stato presentato nella mostra “Dal collezionismo dei Ruffo all’evoluzione pittorica di Mino Delle Site” tenutasi prima a Cavallino e poi a Salerno e pubblicato sul relativo catalogo come opera certa di Ciro Ferri, secondo quanto scrive la studiosa Paola Franchomme nella scheda relativa.

La realizzazione di tale soggetto è stata riferita alla fase fiorentina dell’artista, quando collaborò con Pietro da Cortona alla decorazione ad affresco di Palazzo Pitti. Un altro dipinto del Ferri col medesimo soggetto si trova nella collezione di Palazzo Chigi in Ariccia, proveniente dalla donazione Fagiolo dell’Arco.(Bibl.: P. Franchomme, scheda critica in Percorsi d’arte. Dal collezionismo dei Ruffo all’evoluzione pittorica di Mino Delle Site, catalogo della mostra a Cavallino, Convento di San Domenico, 30 gennaio-13 marzo 2005 e a Salerno, Pinacoteca Provinciale, 23 marzo-1 maggio 2005, Lecce 2002, p.95).
Segnaliamo infine L’Assunta fra angeli, cherubini e santi (lotto 484, stima 45.000/50.000 euro) di Alessandro Gherardini (Firenze 1655 – Livorno 1723/28), un olio su tela che reca expertise scritta di Mina Gregori, e Capriccio architettonico con figure (lotto 424, stima 18.000/20.000 euro) dell’artista lombardo Giovanni Ghisolfi (Milano, 1623 -1683), con expertise scritta di Giancarlo Sestieri.

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