Rapporto IRPET ed Unioncamere sul commercio: il mercato fatica a ripartire, ma il 2006 segna +0,5%

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
19 febbraio 2007 19:09
Rapporto IRPET ed Unioncamere sul commercio: il mercato fatica a ripartire, ma il 2006 segna +0,5%

Dopo un 2005 chiuso con un bilancio non positivo, soprattutto per le piccole strutture, il 2006 ha fatto registrare una lieve ripresa (+ 0,5%). Il Rapporto, curato da Irpet ed Unioncamere, è stato realizzato dall’Osservatorio regionale del Commercio.
Il 2005 non è stato un buon anno per il commercio in Toscana, con una variazione tendenziale complessiva delle vendite al dettaglio del -0,6%, con valori in linea al dato nazionale (-0,7%) e del Centro (-0,5%). In Toscana il progressivo calo delle vendite è iniziato due anni più tardi rispetto all'Italia (quarto trimestre del 2003) e si è riproposto negli ultimi otto trimestri che hanno preceduto il periodo ottobre-dicembre del 2005 (+0,6% sul 2004) con perdite comprese tra il punto e mezzo percentuale ed il mezzo punto.


In questo quadro la piccola distribuzione continua ad accumulare perdite di fatturato rispetto ad annualità di per sé negative, mentre la grande distribuzione, invece, cresce.
Tra giugno del 2001 e del 2006 le imprese attive del commercio al dettaglio in sede fissa sono calate in Toscana di quattro punti percentuali, mentre complessivamente il sistema imprenditoriale toscano ha avuto un'espansione del 5,7%. La dinamica regionale del commercio è peggiore di quella dell'Italia (+2,6%), ma simile agli andamenti di Emilia Romagna (-3,0%), Lombardia (-4,1%), Piemonte (-1,1%) e Veneto (-0,7%).
In Toscana in cinque anni si sono perse molte imprese di specializzato alimentare (-13,2%; Italia -8,7%) ed in misura più contenuta di specializzato non alimentare (-3,7%; Italia +4,4%).

Sono aumentati, invece, le imprese commerciali despecializzate (+11,7%; Italia +13,3%).
Nonostante questo, però, si mantiene un elevato numero di imprese del commercio al dettaglio in sede fissa per abitante (10,2 per 1000 abitanti, rispetto ad un 8,8 del Piemonte, 8,6 dell’Emilia Romagna, 7,7 del Veneto e 7,0 della Lombardia).
Le province toscane dove ci sono state più chiusure di imprese di commercio al dettaglio tra il giugno 2005 e il giugno 2006 sono state Firenze e Livorno (-5,6%), seguite da tre province della costa: Lucca e Massa Carrara (-4,4%) e Pisa (-4,0%).

Pistoia e Prato registrano contrazioni inferiori alla media regionale ma comunque dell'ordine dei tre punti percentuali, Arezzo si ferma a due punti in meno nel quinquennio. Se tra gli specializzati non alimentari non ci sono stati forti scossoni, in alcune province si sono realizzati radicali cambiamenti nei tessuti commerciali. Il caso più eclatante, in termini percentuali, è quello di Prato con un calo del 23,1% degli alimentari sostituiti da un 67,9% di despecializzati. La stessa dinamica si ripropone, su valori molto consistenti, anche nel capoluogo (+34% despecializzati, -18,2% alimentari) e a Livorno (25,2% despecializzati, -15,1% alimentari).
L’occupazione del settore tiene come unità di lavoro, ma calano gli indipendenti Gli occupati nel settore del commercio, secondo i dati Istat, nel 2005 erano circa 250.800 unità, il 16,6% della forza lavoro complessiva regionale ed il 25,5% degli occupati nei servizi.
Tra il 2004 ed il 2005 il settore ha perso complessivamente 7.100 unità in Toscana, il 2,8% tra occupati dipendenti ed indipendenti, conseguendo un risultato peggiore di quello, pur negativo, dell'Italia (-0,5%).

In un quadro occupazionale regionale complessivamente positivo (+1,5%), grazie al contributo dei servizi che hanno guadagnato 26mila unità circa in un anno (+7,4%), il dato del commercio dà segni di maggiore sofferenza se rapportato a quello degli altri settori di attività economica. Una caratteristica comune a tutto il territorio toscano è l'emorragia di occupati indipendenti; a livello nazionale si sfiorano i 7 punti percentuali, con i casi più acuti che sono quelli di Toscana (-9%), Lombardia (-8%) e Lazio (-6,6%).

La componente degli occupati indipendenti nel commercio in Toscana rappresenta comunque, al termine del 2005, più di un quarto (25,4%) del totale degli occupati indipendenti calcolato su tutti i settori.

In controtendenza le unità locali
In Toscana le unità locali del commercio al dettaglio in sede fissa sono cresciute del 6,1% tra il 30.6.2001 ed il 30.6.2006, la media per l'Italia è del 10,5%.
L'andamento generale è stato in linea con quello delle regioni di riferimento.

In particolare in Toscana sono aumentate del 24,5% le unità locali di negozi despecializzati e di non alimentari (+6,6%), sono calati del 7,8% gli specializzati alimentari. Soffermandoci sull'ultimo anno (giugno 2006-giugno 2005), le unità locali in Toscana sono cresciute dell'1,2% in termini complessivi, i despecializzati sono aumenti di circa 500 unità (+7,0%), tra gli specializzati alimentari se ne sono perse, invece, 355 (-3,9%). Sono cresciuti di circa 530 unità locali a livello regionale gli specializzati non alimentari (+1,3%).
Quindi il panorama regionale sembra caratterizzato da una complessiva riduzione delle imprese operanti nel commercio al dettaglio ed un aumento delle unità locali che evidenzia come, nell’insieme, i livelli di servizio resi disponibili dal commercio sul territorio regionale non si siano contratti nell’ultimo quinquennio, riorganizzandosi all’interno di una tendenza verso una maggiore strutturazione delle iniziative imprenditoriali che sembra segnalata anche dall’aumento del rapporto fra unità locali ed imprese.

Nonostante una riduzione delle imprese che in Toscana si è rivelata più sensibile che altrove, resta inoltre il fatto che il rapporto imprese attive per abitante (ed unità locali per abitante) permane più elevato rispetto alle principali regioni del Centro-Nord ed attorno alla media nazionale. A giugno 2006, in Toscana il valore di unità locali per mille abitanti era pari a 16,0 e, come detto per le imprese, più vicino alle regioni del sud (Campania 19,3; Calabria 17,7; Sardegna 18,0; Sicilia 16,6) che non a Emilia Romagna (12,9), Piemonte (12,8), Veneto (11,9) e Lombardia (10,5).

Le famiglie toscane spendono più della media italiana
Il totale della spesa media mensile delle famiglie toscane nel 2005 è pari a 2.566 euro (Italia 2.398 euro), di cui il 18,3% (470 euro circa) viene destinato ai consumi alimentari ed il restante 81,7% (equivalente a 2.096 euro) a varie voci.

Tra le altre spese rilevanti quelle in tempo libero e cultura (4,6%, in cui sono compresi sia forme di intrattenimento prettamente culturali, sia giochi, televisori, Hi-Fi, computer, libri non scolastici, giornali e riviste, musica, abbonamento radiotelevisivo e internet, animali domestici), le spese sanitarie (3,2%), le comunicazioni (2,2%). Allargando l'arco cronologico del confronto agli anni 2001-2005, si osserva come dopo l'introduzione dell'euro i beni alimentari in Toscana abbiano perso peso, passando dal 18,5% del 2001 al 17,3% del 2003, per poi tornare al valore iniziale nel 2005.
Da notare, nel quadro generale, che l'aumento del prezzo del petrolio ha iniziato a far vedere i suoi effetti nel 2005, sulla spesa per "combustibili ed energia elettrica", il cui peso sul totale della spesa media mensile è aumentato in un anno dello 0,4%.

Nello specifico, si è passati dai 127 euro del 2004 ai 141 del 2005.
Calcolando che il grosso dell'onda lunga del boom del costo al barile del petrolio si farà sentire soprattutto sulle bollette del 2006, non è difficile prevedere un ulteriore aumento di questo capitolo di spesa nell'anno in corso per le famiglie toscane.

Le famiglie toscane spendono più della media italiana
Il totale della spesa media mensile delle famiglie toscane nel 2005 è pari a 2.566 euro (Italia 2.398 euro), di cui il 18,3% (470 euro circa) viene destinato ai consumi alimentari ed il restante 81,7% (equivalente a 2.096 euro) a varie voci.

Tra le altre spese rilevanti quelle in tempo libero e cultura (4,6%, in cui sono compresi sia forme di intrattenimento prettamente culturali, sia giochi, televisori, Hi-Fi, computer, libri non scolastici, giornali e riviste, musica, abbonamento radiotelevisivo e internet, animali domestici), le spese sanitarie (3,2%), le comunicazioni (2,2%). Allargando l'arco cronologico del confronto agli anni 2001-2005, si osserva come dopo l'introduzione dell'euro i beni alimentari in Toscana abbiano perso peso, passando dal 18,5% del 2001 al 17,3% del 2003, per poi tornare al valore iniziale nel 2005.
Da notare, nel quadro generale, che l'aumento del prezzo del petrolio ha iniziato a far vedere i suoi effetti nel 2005, sulla spesa per "combustibili ed energia elettrica", il cui peso sul totale della spesa media mensile è aumentato in un anno dello 0,4%.

Nello specifico, si è passati dai 127 euro del 2004 ai 141 del 2005.
Calcolando che il grosso dell'onda lunga del boom del costo al barile del petrolio si farà sentire soprattutto sulle bollette del 2006, non è difficile prevedere un ulteriore aumento di questo capitolo di spesa nell'anno in corso per le famiglie toscane.

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