Storia dell'uomo che fece vincere cinque scudetti al Grande Torino

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
14 settembre 2006 13:39
Storia dell'uomo che fece vincere cinque scudetti al Grande Torino

Domani alle ore 16 -al Chiostro delle Oblate in via Sant'Egidio 21- a Firenze presentazione del volume di Leoncarlo Settimelli, edito nella collana "900 storie" di ZONA, diretta da Carlo D'Amicis. Il fiorentino Leoncarlo Settimelli racconta la storia di Ernest Erbstein, l'allenatore ebreo ungherese che allenò la Lucchese, fece vincere cinque scudetti consecutivi al Grande Torino, e che giocò e perse l'ultima partita sulla collina di Superga. Ma perché Erbstein - uomo dei primati assoluti - è stato dimenticato?

Se la WRITERS' LEAGUE è il momento in cui gli scrittori incrociano gli scarpini nell'agone calcistico, spesso gli scrittori scrivono anche di calcio.

Leoncarlo Settimelli, fiorentino di nascita e romano di adozione, lo fa raccontando la storia di Ernest "Egri" Erbstein in L'allenatore errante. Storia dell'uomo che fece vincere cinque scudetti al Grande Torino (Editrice ZONA - pp. 160, 15 euro - collana "900 storie", diretta da Carlo D'Amicis).
L'io narrante di questo romanzo è Cassini - personaggio dietro il quale non si fatica a riconoscere lo stesso Settimelli - impegnato nella realizzazione di uno sceneggiato radiofonico sulla figura di Erbstein, che scopre fin dall'inizio delle sue ricerche che qualcosa di non detto ne oscura la memoria.

Dall'ambientazione fiorentina nel ricordo dell'infanzia, l'autore-Cassini ricostruisce le vicende di questo atipico eppure importante personaggio del calcio internazionale, l'allenatore Ernest "Egri" Erbstein, ebreo ungherese, immigrato in Italia nel 1919, costretto ad abbandonare il nostro paese nel 1938 con l'avvento delle leggi razziali, fortunosamente scampato alla barbarie nazista, allenatore prima della Lucchese e di altre squadre allora tra le più forti, e poi del Torino. Eppure, Erbstein è un nome dimenticato, la sua immagine appare raramente anche nelle foto ufficiali.

Perché?

Quando, il pomeriggio del 4 maggio 1949, l'aereo trimotore Fiat 202 che trasportava la squadra del Torino di ritorno da Lisbona per un'amichevole e in procinto di vincere il suo quinto scudetto consecutivo, si schiantò contro la collina di Superga, a bordo ovviamente c'era anche l'artefice di quella ininterrotta serie di trionfi, ch'erano valsi ai granata l'appellativo di "Grande Torino". Il bilancio di quella tragedia fu di trentuno morti, nessun superstite.

Settimelli ricostruisce la lunga e rocambolesca vita di Erbstein: la fuga dall'Italia attraverso l'Europa, con tutta la famiglia, prima verso l'Olanda poi verso la nativa Ungheria, dove continuerà a fuggire la persecuzione delle SS e delle sanguinarie "Croci frecciate", e da dove - grazie alla trasformazione del cognome in "Egri" - riuscirà qualche volta a fuggire in Italia per incontrare segretamente i dirigenti del Torino, e indicargli i calciatori da acquistare.

Per rinforzare la squadra che aveva lasciato a malincuore, e alla quale avrebbe regalato la più lunga e fortunata stagione del calcio italiano.

Grazie a numerose testimonianze - la figlia Susanna Egri, l'attore Raf Vallone, da giovane calciatore del Torino e cronista dell'Unità, i giornalisti Antonio Ghirelli e Giorgio Tosatti (il padre Renato, corrispondente della "Gazzetta del popolo", era al seguito della squadra e morì anch'egli a Superga), il terzino Sauro Tomà, scampato alla morte perché infortunato...

- il racconto prende forma, qua e là attraversa e scandisce la narrazione con i rumori, le canzoni di sottofondo, le voci dei personaggi. La storia del protagonsita Cassini s'intreccia a quella di Erbstein, nel ricordo di tutti gli ebrei - e sono molti, fatalmente - che il narratore ha incontrato: da Marcella, orfana ebrea di genitori deportati nascosta in casa di Cassini a Firenze quando lui aveva solo otto anni, al "violinista di Auschwitz" Jacques Stroumsa, fino a Moni Ovadia.

Ma perché Erbstein è stato dimenticato? Cassini scopre che L'allenatore errante fu vittima di un'infamia, dalla quale fu costretto a difendersi pubblicamente nel 1947: fu accusato di essere una spia russa, di aver tramato contro la nazionale italiana in occasione di un incontro con la nazionale ungherese, di avere simpatie e amicizie comuniste.

Questo ha cancellato il suo nome dagli annali delle glorie sportive nazionali? O il fatto stesso che fosse ebreo ha alzato intorno a lui il muro del pregiudizio e dell'oblio? Il racconto diventa un ideale strumento di giustizia, un modo per rendere al grande Erbstein ciò che è suo. Un doveroso tributo di memoria, una storia avventurosa e commovente che doveva essere raccontata, e che Settimelli racconta con la consueta, grande maestria.

Leoncarlo Settimelli, fiorentino di nascita, romano d’adozione, giornalista, regista e scrittore, dice che il proprio mestiere è "comunicare, raccontare, con una canzone, un documentario, un libro".

Autore e regista di programmi tv per i quali ha ottenuto importanti riconoscimenti, è stato – tra l’altro – il leader del "Canzoniere Internazionale", gruppo storico di folk-revival e canzone politica nato nel 1967, per il quale ha scritto memorabili canzoni sociali e di protesta confluite in spettacoli, dischi e libri. Ha pubblicato di recente una raccolta di Canti dei lager, divenuta anche un CD. Lavora alla serie "Ritratti" per Rai Tre.

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