Le Vie della Partecipazione: verso una legge regionale
Convegno a Firenze, venerdì 13 gennaio 2006

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
30 dicembre 2005 11:16
<i>Le Vie della Partecipazione</i>: verso una legge regionale<BR>Convegno a Firenze, venerdì 13 gennaio 2006

Si tratta di un primo momento di riflessione pubblica in preparazione della legge. Il dibattito si articolerà in quattro intoduzioni brevi di 10/15 minuti e interventi brevi di 5/10 minuti, per consentire a tutti di dire la loro e esprimere le proprie opinioni sui contenuti di una futura legge.

La Regione Toscana intende promuovere un percorso partecipato che, attraverso una ricognizione delle esperienze in atto e dei problemi che si presentano nella pratica, può portare alla formazione di una legge regionale sulla partecipazione dei cittadini.

La procedura di costruzione partecipata della legge vuole essere un primo esempio di sperimentazione di un metodo, che possa essere gradualmente applicato all’insieme dell’attività legislativa. L’assemblea del 13 gennaio 2006 segna l’avvio di questo percorso che prevede anche un seminario di studi internazionale (19 maggio 2006) in cui saranno presentate alcune delle più significative esperienze e metodologie di partecipazione realizzate nel mondo e a cui la Regione sta lavorando con la collaborazione del professor Luigi Bobbio dell’università di Torino.

Il processo partecipativo sarà caratterizzato, per l’intero anno 2006, da una fase di ascolto, riflessione e sperimentazione a livello locale, anche attraverso la creazione di alcuni laboratori territoriali, al fine di costruire un insieme di conoscenze utili per la stesura della legge. La Rete del Nuovo Municipio coopera con la Regione a tutte le fasi del processo partecipativo che condurrà alla definizione dei principi della legge.

Democrazia rappresentativa e democrazia partecipativa

La democrazia partecipativa non si pone in antitesi alla democrazia rappresentativa, ma ne rappresenta un’integrazione come completamento dei processi di produzione delle scelte che investono il territorio locale.

La difficile sperimentazione di attività di partecipazione diretta degli abitanti alle decisioni inerenti le politiche pubbliche rappresenta uno stato d’avanzamento della democrazia rappresentativa e garantisce un innalzamento di qualità delle scelte fatte attraverso le forme convenzionali di rappresentanza, una democratizzazione del processo allargato a sfere sempre più ampie della popolazione. La democrazia partecipativa si orienta verso un duplice obiettivo, secondo due tracciati che si intersecano e si definiscono a vicenda:
- trasformare e rinnovare le politiche pubbliche e le pratiche amministrative a livello locale, migliorando le forme di governance esistenti (es.

patti territoriali locali; contratti d’area, conferenze dei servizi,). Le pratiche di concertazione interistituzionale o di negoziazione tra soggetti pubblici e privati già organizzati, che mettono al centro l’efficacia delle politiche, devono consolidarsi ed essere rese più efficienti e trasparenti. Completando questo processo attraverso concreti atti inclusivi degli interessi “deboli”, solitamente non rappresentati perché non sufficientemente organizzati in strutture formali.
- promuovere processi di empowerment delle comunità locali (valorizzazione e scoperta/costruzione di capacità e abilità diffuse nella società), ampliando e rendendo maggiormente operative le pratiche di partecipazione diretta dei cittadini promosse e/o sostenute dalle istituzioni (es.

agende 21, contratti di quartiere, piani dei bambini e delle bambine, urbanistica, bilanci) che affiancano efficacia ed equità, rivolgendosi ad un sistema di attori più ampio e includendo direttamente anche i soggetti deboli e i cittadini non organizzati. Spesso tali esperienze si trovano ostacolate, nella pratica, dalla difficoltà di interagire con i processi decisionali tradizionali, dalla settorialità dell’organizzazione amministrativa e da vincoli burocratici, normativi e finanziari.



Anziché, come sovente avviene, confondere i due aspetti del processo decisionale (programmazione negoziata inclusiva che riguarda le rappresentanze di interessi e democrazia deliberativa che riguarda i singoli cittadini), occorre renderli complementari e sinergici; in questo modo il processo partecipativo diviene costruzione progressiva di cittadinanza attiva dando voce, a entrambi i livelli, alle diffuse pratiche sociali in atto sul territorio. La partecipazione, intesa in questo senso considera gli abitanti non come ‘ascoltatori’ o interlocutori da consultare su scelte già fatte, ma soggetti attivi con cui confrontarsi sulle decisioni da prendere, secondo una prospettiva che rimette al centro della politica il concetto di abitante/competente, capace di sviluppare capacità ed esprimere preferenze, saperi ed esperienze utili all’interno dei processi decisionali (la conoscenza cosiddetta ‘esperta’ spesso allontana la partecipazione, quindi bisogna agire in modo che saperi esperti e saperi comuni possano comprendersi e interloquire fra loro); per questo occorre adottare una logica comunicativa e una strategia di costruzione sociale delle scelte che restituisce un forte contenuto etico alle deliberazioni: i diversi interessi, spesso inconciliabili tra loro, possono giungere alla formulazione di punti di vista condivisi, capaci di riposizionare i conflitti entro nuovi processi decisionali, in cui le diverse posizioni possano trarre vantaggio reciproco dal contesto generale dell’azione.

Principi e obiettivi generali della legge

I processi partecipativi richiedono una strutturazione flessibile, adattabile alle diverse situazioni di contesto, basata su una ridefinizione continua degli obiettivi, dei metodi e degli strumenti utilizzati.

D’altro lato, la diversità degli oggetti della deliberazione rende difficilmente praticabili modelli omogenei e vincolanti di riferimento. Occorre dunque superare il rischio di ingabbiare le pratiche partecipative entro un apparato di norme e procedure standard, definite per legge, che possono burocratizzare e congelare in meccanismi sterili la molteplicità delle forme d’interazione sociale esistenti e potenzialmente attivabili. La legge sulla partecipazione dovrà essere formulata in modo da favorire lo sviluppo dei processi partecipativi, fissando il quadro degli indirizzi e delle opportunità, attivando procedure per la promozione e incentivazione delle esperienze di partecipazione dei comuni e dei soggetti locali virtuosi.

L’obiettivo è quello di promuovere e favorire forme innovative di democrazia partecipativa immaginando articolate forme di sostegno (risorse, strutture, procedure burocratiche semplificate, accesso all’informazione, supporto tecnico-scientifico, formazione di nuove figure professionali, etc.).
Una particolare attenzione sarà dedicata all’uso delle nuove tecnologie e della rete, attraverso le quali intendiamo promuovere originali percorsi di partecipazione e informazione, in particolare rivolti ai giovani.
Questa legge assume oggi un grande valore culturale e politico, perfino simbolico, per una regione come la Toscana, nella prospettiva di un complesso di leggi regionali e statuti comunali che prevedano forme di protagonismo delle comunità locali a partire dalle grandi questioni dello sviluppo sostenibile, del governo del territorio, del welfare e della gestione dei beni comuni.



Quali possono essere gli spazi di intervento della legge?

Si possono distinguere due grandi ambiti:
- una possibile regolamentazione dei percorsi partecipativi relativi alle politiche regionali, che presenta grandi potenzialità, anche perché già numerosi aspetti della legislazione regionale hanno previsto e regolamentato pratiche partecipative (es. l’insieme di leggi e regolamenti sulla programmazione negoziata e la concertazione, il recepimento delle direttive comunitarie, la nuova legge urbanistica, la revisione della legge sul procedimento amministrativo).

Si tratterebbe, su questo versante, di dare un quadro coerente e sistematico delle procedure già previste e di definire modalità e principi per una loro estensione a tutto l’insieme delle politiche regionali;
- forme di incentivazione e diffusione dei processi partecipativi che riguardano le politiche pubbliche locali. Mettendo al centro i comuni che per la Regione rappresentano l’anello fondamentale per lo sviluppo di politiche pubbliche democraticamente e responsabilmente ancorate al territorio.
Favorendo ulteriormente lo sviluppo di un federalismo municipale e cooperativo, in cui unioni di comuni, circondari, comunità montane e province siano effettiva espressione di processi aggregativi delle politiche, secondo i principi di sussidiarietà e di equi-ordinazione, in cui anche il ruolo degli amministratori locali è destinato ad evolvere, configurandosi non solo come decisori ma anche come registi o facilitatori dei processi e delle scelte.



In linea generale la legge dovrebbe:
- garantire trasparenza, informazione e conoscenza;
- favorire la partecipazione attiva dell’abitante /competente;
- favorire il diffondersi di un raccordo non gerarchico tra enti territoriali, base di una nuova stagione di governance locale;
- definire quali sono gli ambiti privilegiati della partecipazione, la scala territoriale d’intervento e i criteri operativi, da specificare in base ai contesti territoriali coinvolti nella decisione, tenendo conto che tutte le scale e tutti gli ambiti delle politiche pubbliche possono essere potenzialmente coinvolti;
- incentivare in varie forme le amministrazioni locali che attivano processi di democrazia partecipativa;
- riconoscere e valorizzare le esperienze di autorganizzazione e partecipazione in atto, di una realtà sociale nascente e delle sue istanze di protagonismo, come statuizione di nuove forme di governo in risposta alla domanda di partecipazione emergente dalla società locale.



Occorre quindi progettare il percorso di formazione della legge dando forma ad un metodologia aperta e democratica di costruzione dei suoi principi, che promuova la partecipazione in tutti i livelli di governo del territorio mettendo al centro le pratiche esistenti attraverso l’ascolto, l’osservazione permanente e il monitoraggio, censendo e interpretando le forme e i livelli di partecipazione presenti sul territorio regionale (anche attraverso un’analisi comparata con esperienze internazionali), evidenziando i punti di crisi e gli ostacoli che spesso si incontrano nella pratica delle esperienze partecipative.

Il processo di costruzione della legge si può articolare in tre fasi:
1.

Individuare ‘lo stato dell’arte’ delle esperienze partecipative a livello internazionale e a livello della regione Toscana, anche alla luce delle indicazioni provenienti da documenti internazionali e Carte (UE, Rio e agende 21 locali, Agenda Habitat II, Johannesburg (Rio+10), Principi di Melbourne, Aarhus, Aalborg, progetti Urban, Urbact, Urbal, etc.) per approfondire il ruolo che può giocare una legge regionale nell’incentivare, promuovere, diffondere processi e istituti partecipativi, nel garantirne il funzionamento e il monitoraggio, soprattutto a livello comunale, sovracomunale e provinciale; senza ovviamente ledere i principi di autonomia municipale e tenendo conto della distinzione necessaria fra azioni istituzionali (top down) e azioni che nascono dal sociale (bottom up).
2.

Individuare come si partecipa: si tratta di avanzare strumenti e forme del processo partecipativo, ai diversi livelli territoriali, che consentano di permeare tutti gli ambiti della vita amministrativa in modi integrati, continui, decisionali, superando la specificità e settorialità degli assessorati alla partecipazione e la frammentazione attuale degli istituti di partecipazione, che riflette i limiti della organizzazione settoriale delle amministrazioni.
3. Precisare su che cosa si partecipa: ovvero il ruolo dei processi partecipativi nei principali temi che qualificano l’innovazione dei governi locali: il governo del territorio con i nuovi percorsi statutari e identitari contenuti nella nuova Legge Regionale 1/2005; la gestione sociale dei beni comuni; i nuovi diritti di cittadinanza per una città inclusiva; il governo e la valorizzazione delle economie a valenza etica (in agricoltura, nel commercio, nella finanza, nei consumi, nei servizi, nelle opere pubbliche, etc.).



Questo complesso percorso che la Regione Toscana intende avviare si muove nella direzione di promuovere la democrazia partecipativa come forma ordinaria del governo locale, fondata sull’attivazione di istituti permanenti di negoziazione e partecipazione che investano tutti i settori dell’amministrazione in modo integrato, garantendo l’unitarietà delle sedi partecipative e promuovendo una composizione inclusiva degli attori, che riconosca e dia voce alle esperienze in atto di autorganizzazione sociale e culturale nel territorio.

E’ importante che questi percorsi partecipativi riguardino tutte le fasi dei processi di trasformazione del territorio, dell’economia, dell’ambiente, dalla formazione delle conoscenze condivise alla gestione delle scelte.

Il percorso si snoderà nel corso dell’anno 2006, e dovrebbe articolarsi in attività di vario tipo (riconoscimento delle pratiche di partecipazione presenti sul territorio regionale, incontri tematici, dibattiti pubblici, seminari di approfondimento, laboratori territoriali sperimentali, sito internet, ecc) tese a costruire, progressivamente, un metodo di partecipazione che fornisca spunti di riflessione, contenuti e indicazioni procedurali utili per la stesura della legge.

L’assemblea del 13 gennaio si configura, nelle intenzioni degli organizzatori, come un primo momento d’incontro e d’avvio di questo processo di ‘ascolto’ delle pratiche esistenti.

I 4 interventi previsti in apertura del convegno del 13 gennaio saranno brevi e tesi a sollecitare un confronto aperto tra i partecipanti. Affinché l’assemblea sia utile a dare indicazioni per orientare il processo di costruzione della legge, invitiamo tutti gli interessati a intervenire mettendo in evidenza alcuni aspetti chiave dei casi esposti, estraendo dall’esperienza una riflessione mirata a mettere in luce sia ‘i passaggi’ che hanno avuto un buon esito sia la varietà dei problemi incontrati nelle varie fasi, limitando al massimo l’illustrazione del caso specifico secondo un criterio di autovalutazione:
- tipo di attività/esperienza partecipativa e metodo adottato, da esporre brevemente (es.

assessorati, statuti, regolamenti, comitati, associazioni, proposte di legge di iniziativa popolare, piani strutturali, A21, patti territoriali, contratti di quartiere, bilanci, forum sociali, etc)
- i problemi incontrati ai vari livelli del percorso partecipativo (es. organizzativi, procedurali, giuridici, burocratici, di dialogo con le istituzioni, di mancanza di soggetti intermedi o di figure professionali, di settorialità della macchina amministrativa, di mancanza di risorse finanziarie, di sfasamento temporale tra tempi della partecipazione e tempi dei progetti, etc)
- le cose che hanno funzionato (es.

continuità dei processi, ampliamento del sistema degli attori coinvolti, avvio di processi di autoformazione, obiettivi condivisi, diversificazione delle strutture e dei metodi in relazione ai contesti territoriali, nascita di reti e forme di coordinamento tra soggetti diversi, ampliamento e integrazione delle tematiche etc.).

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