Il meeting della salute a San Rossore

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
15 luglio 2005 09:35
Il meeting della salute a San Rossore

SAN ROSSORE (PI)- La Terra rischia dai 2 ai 7 milioni di vittime a causa della prossima epidemia pandemica. Parlare d’influenza sembra banale, ma quando a farlo è Michael Perdue, ricercatore e coordinatore del ‘Global influenza programme’ dell’OMS di Ginevra, la faccenda assume un altro volto. L’influenza cui allude Perdue non è (o meglio, lo è solo in parte) quella ‘stagionale’, la più nota, che ogni anno si evolve e per la quale l’OMS – tramite una rete di 52 scienziati e oltre 1000 collaboratori– prepara periodicamente un vaccino e lo diffonde nei vari Paesi del mondo.

“Oltre alle stagionali esistono le influenze panemiche – spiega lo scienziato – che hanno cadenze più o meno regolari ed ogni volta che si sono presentate hanno fatto sul pianeta milioni di morti. Le pandemiche sono epidemie che colpiscono l’intero pianeta, diffondendosi da Paese a Paese tramite qualche veicolo. Già in alcuni casi il mezzo di diffusione del virus sono stati gli animali e la peggior cosa che potrebbe succedere, oggi, è che un virus di questo tipo infetti qualche uccello migratore, capace di volare per giorni e giorni, miglia e miglia, portando il contagio da una parte all’altra del globo”.

E’ in questa prospettiva che l’influenza aviaria, epidemia che ha colpito in particolare il sud-est asiatico e che si caratterizza per il passaggio dle virus dell’influenza dal pollame all’uomo, suscita i maggior timori. “Riuscire a bloccare o ridurre i rischi di contagio in Asia è molto difficile – dice Perdue – perché c’è un legame molto stretto tra l’uomo e gli animali da cortile. Le uccisioni di massa di polli negli allevamenti hanno soprattutto fini commerciali, dato che la popolazione vive letteralmente in mezzo agli animali e la quasi totalità delle proteine vengono assunte tramite la carne di uccelli spesso allevati direttamente.

In Asia – prosegue - il virus è passato dai polli all’uomo, esattamente come accadde tempo fa con le anatre. Se il contagio passasse tra uccelli ed arrivasse ad un migratore sarebbe devastante perché potrebbe dare il via ad una nuova influenza pandemica”. Secondo Perdue la prossima epidemia potrebbe coinvolgere molti milioni di persone, con un totale di morti che potrebbe oscillare tra i 2 ed i 7 milioni di invidui. “La grande pandemia del 1918 – dice il ricercatore Usa – quella che tutti ricordiamo come ‘la spagnola’, registrò un tasso di mortalità del 2,7%, ma se un fenomeno analogo si verificasse oggi questo dato crescerebbe di molto.

Per essere pronti a fronteggiare il virus e la sua diffusione, l’OMS ha diffuso un protocollo sanitario che è stato già adottato da 50 Paesi tra cui l’Italia. Valutiamo anche la possibilità che i due virus dell’influenza stagionale e della pandemica si possano fondere, e che il prossimo rischio di diffusione della pandemia coincida con l’ondata dell’influenza stagionale, per questo stiamo aggiornando continuamente il vaccino, per non farci trovare impreparati”.
L’assenza di una politica sanitaria che promuova la salute come diritto universale: è questa la problematica situazione negli Stati Uniti così come descritta nel suo intervento dalla professoressa Jo Ivey Boufford, docente alla New York Medical School e segretario di Stato per la salute negli Usa dal 1993 al 1997.
“Nonostante i notevoli finanziamenti nel campo della ricerca, della biomedica e delle tecnologie sanitarie più avanzate – ha proseguito – e nonostante gli Stati Uniti spendano la più alta percentuale del Pil pro capite per la sanità gli obiettivi di salute non sempre vengono centrati.

Nel 44% dei casi si nota un avvicinamento, ma nel 18% dei casi addirittura si registra un allontanamento dagli obiettivi fissati. Perchè gli investimenti non danno risultati e anzi le fasce di popolazione più vulnerabile, per stato sociale ed appartenenza etnica, continuano a sentire pesanti effetti negativi?”.
In realtà è proprio il sistema politico degli Stati Uniti che rende difficile il raggiungimento degli obiettivi. “Manca in primo luogo – ha infatti sottolineato la Boufford - una chiarezza di ruoli per quanto riguarda la tutela della salute tra Stato e singolo cittadino.

Le prime leggi sulla salute furono varate negli Stati Uniti soprattutto per ragioni commerciali, l’azione federale ha incontrato storicamente forti resistenze da parte dell’azione legislativa e del sistema giudiziario. E mai si è raggiunto, se non nei momenti di grave crisi, una copertura globale della comunità. Ci si basa soprattutto sulla copertura volontaria, equità e solidarietà sono parole raramente usate nei dibattito sulle politiche sanitarie e ancora adesso registriamo forti disparità di investimento tra gli stati”.

Negli Stati Uniti, ha proseguito la professoressa Boufford, il servizio sanitario viene concepito più come bene di consumo che come bene pubblico. E nemmeno le azioni varate dalla presidenza Clinton, con una riforma basata sulla copertura iniversale e sugli standard da garantire, hanno avuto pieno successo e hanno intaccato significativamente le disparità all’interno della popolazione. Jo Ivey Boufford ha citato i progressi ottenuti in alcuni settori: i programmi specifici contro il bioterrorismo, per la prevenzione, la gestione delle epidemie, delle malattie croniche, la battaglia contro il tabagismo e per corretti stili di vita.

“Dobbiamo però aumentare la consapevolezza - ha concluso - che la salute è un interesse collettivo e compiere maggiori sforzi per la protezione delle fasce di popolazione a basso reddito, attivando tutti i partner disponibili e mantenendo il governo come spina dorsale della nostra azione.”
“Dagli anni ’80 l’obiettivo della ‘salute per tutti’ è scomparso dall’orizzonte politico. Anzi, è stato sostituito da un’idea opposta: che i sistemi universali di assistenza fossero un ostacolo, a volte l’ostacolo principale, che compromettesse la finanza degli Stati e la ricchezza delle nazioni.

Al tempo stesso è stata inculcata l’idea che la combinazione del progresso scientifico e del libero mercato avrebbe esteso automaticamente i suoi effetti benefici in tutto il mondo. Idea che si è dimostrata fallace”. Giovanni Berlinguer, membro della Commissione sulle determinanti sociali di salute dell’Oms, ha aperto così il suo intervento su ‘Europa: disuguaglianza nella salute’. E’ partito da una citazione di Toynbee, “Il XX secolo sarà ricordato come un’epoca di guerre, di conflitti politici, di invenzioni tecniche, ma anche come il tempo in cui la società umana ha osato pensare alla salute della nostra specie come a un obiettivo pratico raggiungibile”, per ricordare come siano stati raggiunti traguardi prima perfino impensabili, come la drastica riduzione della mortalità infantile e il raddoppio della vita; ma anche come, nello stesso tempo, le nuove straordinarie acquisizioni delle scienze biomediche siano altamente selettive e difficilmente accessibili.

Un esempio fra tutti: i farmaci per l’Aids. Ha paragonato l’Aids alla peste, che tra il 1347 e il 1351 sterminò un quarto della popolazione europea. “Con la differenza – ha precisato – che ora conosciamo cause e rimedi, ma non li rendiamo disponibili, e la ricerca stessa non fa abbastanza. Il 90% delle ricerche biomediche è dedicato al 10% della popolazione mondiale”.
Queste situazioni estreme, ha osservato Berlinguer, sono ricomparse da qualche tempo nell’agenda politica internazionale: Onu, G8, Oms (“dopo una lunga parentesi in cui l’Oms aveva abdicato alle sue funzioni, praticamente assunte dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale, e sul palazzo dell’Onu a Ginevra avrebbe dovuto sventolare la bandiera bianca della resa”).

Ma non si può parlare di salute uguale per tutti, non solo nelle situazioni estreme, ma neppure in Europa e Usa, dove a partire dagli anni ’80 c’è una crescente divaricazione nei problemi di salute. “Il raggiungimento del migliore stato di salute possibile è un diritto fondamentale di ogni essere umano, e la UE potrebbe essere il terreno privilegiato per questo impegno. I sistemi sanitari non rientrano nei suoi compiti istituzionali, tuttavia la UE ha compiuto passi avanti in vari campi, come gli standard di sicurezza sui luoghi di lavoro o quelli ambientali”.
Berlinguer ha sottolineato le tante contraddizioni (una per tutte: la UE finanzia con somme gigantesche la coltivazione del tabacco e poi fa piccole campagne per dissuadere dal fumo), e ha ricordato che il 1° luglio si è inaugurato il semestre di presidenza inglese della UE: “Ci sono impegni importanti che attendono la UE in tema di equità della salute.

L’augurio è che ciò non duri soltanto 6 mesi, e che l’impegno contribuisca all’universalità della salute come diritto degli individui e interesse della collettività”.
Lo star bene è un valore, un diritto ed un modo di essere: non solo un fatto clinico. “Ed una società ed un sistema sanitario – spiega l’assessore al diritto alla salute della Toscana, Enrico Rossi – sono sani quando sanno prendere in carico gli altri. Questo è il nostro obiettivo, a cui stiamo lavorando assieme alla altre regioni italiane ed europee: una sanità pubblica in grado di reggersi sulle proprie gambe ma capace di guardare al resto del mondo, una medicina dotata di affetti e non solo ipertecnologica”.

Ieri sera al Giardino Scotto di Pisa è andata in scena come l’anno scorso l’anteprima del meeting, con una tavola rotonda sul tema “Star bene. Comunicare un valore, un diritto, un modo di essere”. Tante le persone che affollavano l’arena. Assieme all’assessore Rossi c’erano il sindaco di Pisa Paolo Fontanelli, il presidente di Mediateca Toscana Ugo Di Tullio, il sociologo Gustavo Guizzardi e l’antropologo Massimo Squillacciotti. Dopo il dibattito è stato proiettato il film “L’amore ritorna” di Sergio Rubini.

“C’è chi contrappone le medicine alternative a quella tradizionale – ha sottolineato l’assessore – Per raggiungere il nostro scopo non dobbiamo per forza imporre la nostra medicina. Le medicine alternative non sono certo tutte uguali. Noi le abbiamo incluse all’interno del nostro piano sanitario e stiamo lavorando molto con la medicina cinese, la fitoterapia e l’omeopatia: un modo, ci sembra, per garantire la libertà di scelta di ognuno, più che il passaggio da una casa di cura all’altra”.


“Viviamo in un mondo globale, dove persone e merci sono sempre più mobili – ha concluso Rossi – Ogni giorno due milioni di persone varcano un confine nazionale. Tutti noi dovremo avere interesse ad una soglia minima di salute nel mondo”.
“Sapete qual è il fattore più alto di mortalità per gli immigrati che raggiungono l’Europa? E’ l’annegamento nel Mar Mediterraneo. Ma allora, se ci sono tanti rischi, perché milioni di persone continuano a fuggire dai loro Paesi?”.

Si apre con queste domande l’intervento del professor Aldo Morrone, primario dell’istituto San Gallicano di Roma, che ospita il primo ambulatorio pubblico in Italia di medicina per immigrati e senza dimora. “Dal 1995 a oggi – spiega – abbiamo curato 73mila persone, in larga parte, irregolari: tra di loro immigrati, bambini abbandonati, donne, vittime della tratta della prosituzione, barboni, zingari. Queste persone, e più in generale tutto il popolo di migranti (quasi 3 milioni solo in Italia), con le loro malattie, le loro tragedie personali e familiari, ci obbligano a guardare al di là del nostro giardino, a guardare la realtà dei loro Paesi di provenienza e a chiederci: ma la salute è davvero un diritto universale?”.
Con la sua documentatissima analisi Morrone dimostra che, oggi, non è così: l’aspettativa media di vita, che nei Paesi occidentali sfiora gli ottant’anni, in gran parte dell’Africa supera appena i trenta.

In questi Paesi molti bambini non raggiungono i 5 anni di vita, una madre ogni 16 rischia di morire di parto (in Europa la media è di una ogni 3.700). Malattie come l’Aids (diffuso per l’80 per cento tra Africa e sud asiatico), tubercolosi, malaria, fanno milioni di morti; ma malattia, in queste aree, per la stessa Oms, è proprio la povertà: il reddito pro capite nei Paesi più poveri non supera i 580 dollari all’anno, milioni di persone devono vivere con meno di un dollaro al giorno. Nell’analisi del professor Morrone, torna più volte il tragico destino dei bambini: “in Italia - ricorda - sia nel 2003 che nel 2004 nessun bambino è stato infettato dall’Aids, ed è un dato che ci conforta; ma purtroppo nel resto del mondo non è così e i bambini infettati ogni anno sono 700mila”.

“Di fronte a queste situazioni – sottolinea – abbbiamo il dovere di indignarci. La fragilità di queste persone ci interpella. Dobbiamo prendercene cura con una solidarietà autentica, direi con un’etica del cuore, primo passo verso la giustizia”. “La salute allora è un diritto universale? Alla fine dell’intervento Morrone si risponde di nuovo. “Sì, sottolinea questa volta. Almeno questo deve essere l’impegno di tutti, l’impegno verso una sanità pubblica, solidale, gratuita, che permetta a ciascun individuo di poter star bene.

Perché ricordiamolo: la famiglia dell’universo è una sola. E nessun essere vivente deve più essere considerato un clandestino”.
Con un appello disperato e le lacrime agli occhi, parafrasando una preghiera di S. Francesco, si è concluso l’intervento di Miriam Were (presidente dell’Amref e del National Aids Control Council dl Kenya) al meeting di S. Rossore. Povertà, cattiva politica, un errato sistema sanitario: queste secondo Miriam Were le cause che hanno condotto l’Africa nella situazione drammatica attuale.

Una nazione messa in ginocchio da centinaia di anni di colonialismo e schiavitù, da leaders politici spesso incapci e senza alcun interesse verso i reali bisogni della gente, da odi e paure tra comunità.
“E’ necessario molto coraggio per organizzare meeting di questo tipo – ha esordito la Were – perché spesso si trattano temi scomodi. Ammiro il presidente Martini per essersi assunto questa responsabilità. Sono più di 40 anni che lavoro in questo settore e per me è molto difficile parlare dell’assenza di diritti umani e di diritto alla salute in Africa”.

Come è riuscito un paese come l’Africa ad arrivare a questo punto? Secondo Miriam Were sono tre le cause principali. Prima di tutto la povertà. “Ci dicono che siamo poveri perché siamo pigri. Ma se andiamo in giro per i villaggi vediamo uomini e donne che lavorano dall’alba al tramonto. Vogliamo invece parlare delle responsabilità del mercato internazionale? Oppure delle promesse dei paesi ricchi? O dell’ultimo G8 in cui è stato deciso di voler mettere a disposizione 5 mld di dollari entro il 2010? Mi sembra però che da questo punto di vista impegni concreti non siano stati presi”.

La seconda causa è la cattiva politica. “La maggior parte dei paesi africani – ha proseguito Miriam Were – ha raggiunto l’indipendenza da 40 anni e molti ci chiedono come mai, in questo tempo, non è stato fatto qualcosa per migliorare la situazione. Dobbiamo però considerare che per i precedenti 500 anni siamo stati saccheggiati, messi in schiavitù. E l’indipendenza purtroppo molti paesi l’hanno ottenuta in piena guerra fredda, un periodo in cui i leaders dei vari paesi hanno dovuto schierarsi da un parte o dall’altra senza preoccuparsi dei bisogni della gente.

Da questo punto di vista è assolutamente necessario dare ai leaders la capacità di rendersi responsabili verso i popoli”. La terza causa, un errato sistema sanitario. “Dobbiamo basare il sistema sanitario sulla comunità, stare in contatto con la gente per capirne i problemi. Dobbiamo collegare il sistema sanitario alla comunità e, soprattutto, costruire l’amicizia tra queste”. Infine l’appello. “Stiamo cercando di risolvere i nostri problemi ma spesso, nei momenti di difficoltà, ci scoraggiamo e allora cerchiamo di andare avanti con la forza di spirito, con la preghiera.

Così come insegnava S. Francesco”.
“Star bene, come valore da comunicare, diritto e modo di essere”, questo lo slogan del meeting, in corso presso la Tenuta di San Rossore. All’inaugurazione hanno preso parte il presidente della Regione Toscana Martini, lo psichiatra Paolo Crepet, dell’università di Napoli, il sociologo Guizzardi, autore del libro “Star bene”, edito da Il Mulino, l’antropologo senese Squillacciotti e l’assessore alla salute Enrico Rossi. La serata inaugurale al Giardino Scotto di Pisa si è conclusa con la proiezione del film di Sergio Rubini “L’amore ritorna”, storia di un uomo che, colpito da un malore improvviso, assume una prospettiva diversa verso il mondo e guarda con occhi nuovi alle persone che lo circondano.

Ieri mattina il sindaco di Pisa Fontanelli ha presentato un ospite d’eccezione, il fondatore della rivista The ecologist, Edward Goldsmith. Poi medici, deputati, professori, politici e studiosi di tutto rispetto hanno dato il via all’inchiesta sulla salute nel mondo. Passando al vaglio continente per continente sono stati esaminati i problemi e le carenze dei servizi di sanità, assistenza e prevenzione. Il diritto alla salute e la prevenzione delle malattie in Africa e Asia, la disuguaglianza nella salute e nelle possibilità di cura in Europa e America.

Da sottolineare l’intervento, fra gli altri, dell’euro parlamentare Giovanni Berlinguer. Il programma del pomeriggio si è sviluppato su due binari paralleli: la salute del pianeta, ovvero ecosistema, clima, modelli e stili di vita, e la dimensione terapeutica, con particolare riferimento ad alimentazione, farmaci e aids. Domani la giornata conclusiva. L’agenda prevede le problematiche legate alla salute come diritto universale. Tra gli altri gli interventi del ministro della sanità Rosi Bindi e del direttore de La Repubblica Salute, Guglielmo Pepe.

Sul finire della mattinata ci si è soffermati sui cambiamenti maturati nella concezione della salute come problema e risorsa su cui investire, sulle nuove frontiere e sfide della medicina e soprattutto sull’assistenza medica ai paesi in guerra. Questo ultimo aspetto è stato illustrato dal medico fondatore di Emergency, Gino Strada. Immancabile, in questi tempi di conflitti e attentati, il richiamo alla pace e alla speranza, temi a cui sarà dedicato il pomeriggio di oggi. Di pace, intesa come valida cura alternativa per le malattie del corpo e soprattutto dell’anima, parlerà Ela Gandhi, deputato di African National Congress.

Il meeting si concluderà con l’incontro fra gli Assessori regionali al Diritto alla Salute. Parteciperanno l’assessore Enrico Rossi e il direttore DG Sviluppo della commissione europea Stefano Manservisi.

Sara Montesi

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