In libreria: Danni collaterali di Vallecchi
On line il programma settembrino di BZF

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
20 luglio 2004 08:55
In libreria: <I>Danni collaterali</I> di Vallecchi<BR>On line il programma settembrino di BZF

E' il nuovo titolo nella collana “Fuori Luogo” edita da Vallecchi. Tradotto in italiano come “Danni collaterali: il libro nero degli Stati Uniti", “Le livre noir des Etats-Unis” del giornalista canadese Peter Scowen è stato in realtà pubblicato nel 2002 in lingua francese e subito dopo in inglese con titolo “Rogue Nation”. Dunque, al di là della foto di copertina, si tratta di un’opera giornalistica realizzata nel giro di tre mesi, nella primavera del 2002, grazie all’analisi di documenti non più coperti da segreto di Stato e accessibili su Internet, come ammette lo stesso autore in un'appasionata introduzione, per offrire uno sguardo sulla politica estera americana degli ultimi 50 anni partendo a ritroso dall’attentato alle torri gemelle dell’11 settembre.
L’evento scatenante, raccontato con emozionata partecipazione dall'autore, è infatti il casuale coinvolgimento personale nella grande tragedia che ha sconvolto il mondo intero.

La sorella di Scowen, Amy, si trovava nel suo ufficio al 54° piano della torre sud del World Trade Center, al momento dell'attentato. Amy, intervistata, in appendice al volume, riesce miracolosamente a salvarsi lasciandosi alle spalle il crollo della torre.
Come altri prima di lui (Gore Vidal ad esempio, nel bel saggio sulla strage di Oklahoma City) l’autore si chiede se effettivamente sia vero che il mondo libero si trovi sotto un attacco indiscriminato, o piuttosto che gli Stati Uniti con la loro invasiva presenza negli affari interni di stati sovrani abbiano scatenato una profonda ostilità nei loro confronti.
Partendo da affermazioni talvolta scontate, Scowen ricostruisce alcuni degli episodi più importanti dell’interventismo americano: dai manuali della Cia per il trattamento dei detenuti in Vietnam e in Nicaragua alla situazione delle carceri speciali statunitensi, tratteggiando un quadro inequivocabile su Guantanamo come prodromo dell torture di Abu Ghraib in Iraq.
Una riflessione sincera e partecipata, che Scowen non è l'unico, ma certo uno dei pochi ad aver sviluppato.

Perché piuttosto gli USA hanno preferito adagiarsi nella comoda convizione, agitata dall'industria dei media, che il paese fosse vittima incolpevole di un'aggressione omicida. Dimenticando così il ruolo di superpotenza che il governo americano ha perseguito con determinazione, pur nell'alternanza alla Casa Bianca di differenti ammnistrazione, affrontando di volta in volta le crisi internazionali con un interventismo a tutto campo, degno dell'Impero Romano.

N. Nov.

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