Fortezza da Basso: dal 19 al 22 giugno anteprima mondiale delle collezioni di abbigliamento maschile e di accessori per la primavera/estate 2004
Classico Italia dedica una serata alla Dolce Vita

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
09 giugno 2003 07:39
Fortezza da Basso: dal 19 al 22 giugno anteprima mondiale delle collezioni di abbigliamento maschile e di accessori per la primavera/estate 2004<BR>Classico Italia dedica una serata alla Dolce Vita

Il dato relativo alla presenza estera allo scorso Pitti Immagine Uomo (la Manifestazione organizzata da Pitti Immagine e promossa dal Centro di Firenze per la Moda Italiana) si attesta intorno al 35% tanto per gli espositori quanto per i compratori. Dei buyers esteri va poi osservato il cospicuo balzo in avanti rispetto al gennaio dell’anno precedente (+24%). Un dato da osservare anche in una prospettiva più ampia: nel gennaio 2001 - quindi, va ricordato, pre-11 settembre - i compratori stranieri erano 6.398, provenienti da oltre 80 paesi; due anni dopo erano 8.856, provenienti da oltre 100 paesi.

In percentuale, un aumento del 38.4%. Sono cifre che parlano da sole e che premiano la politica di selezione rigorosa, ma anche di attenta valorizzazione e di promozione culturale di cui Pitti Immagine negli anni ha fatto una sorta di “marchio di fabbrica”.
Gli eventi speciali
Due eventi di grande interesse anche per questa stagione: la celebrazione dei vent’anni della Galleria del Costume di Palazzo Pitti con una festa, uno spettacolo e una sfilata uomo firmati dal couturier italiano Maurizio Galante; e il primo evento/presentazione per la collezione uomo del designer cipriota Hussein Chalayan.
I progetti e i nomi nuovi
Tra i progetti speciali di questa edizione segnaliamo quello della Nike con una nuova proposta e un allestimento speciale ispirato alla sua strategia di comunicazione globale.E inoltre: Juicy Couture con il lancio mondiale della linea maschile di uno dei brand americani di maggior successo, con fans come Julia Roberts e John Galliano; Replay con la nuova linea “We R-Replay”; Tretorn con la nuova collezione classica di tennis, in collaborazione con Puma; e un progetto nato dalla collaborazione tra Incotex, Montedoro e Zanone.Tra i nomi nuovi rispetto alla passata edizione: Alfred Sargent, Cashmere Cause, Cristiano Fissore, French Connection, Helly Hansen-IMS, Lucky Brand, Nautica, Nicole Farhi, PF-Flyer, The North Face.
La manifestazione
Resta immutata la struttura espositiva, che si sviluppa attorno a tre grandi assi con allestimenti progettati per rispecchiare e dare immediata riconoscibilità ai tre mondi cui fanno riferimento: eleganza contemporanea per il classico, creatività di punta per l’informale, design puro per l’avanguardia.

Una impostazione che suggerisce percorsi/chiavi di lettura della fiera, senza però fissare confini rigidi: offrendo al visitatore delle linee di orientamento ma lasciandolo libero di costruirsi un itinerario “su misura”. All’interno di una manifestazione che, unica nel panorama mondiale di alto livello, riunisce tanto i grandi nomi del settore quanto aziende piccole e dal prodotto particolare, di nicchia. In una selezione di altissima qualità.
Le cifre
671 aziende
747 marchi dei quali 263 (35.2% del totale) esteri (dati provvisori - aggiornati al 12 maggio 2003)
Eventi in calendario
La sera del 20 giugno Fake London, marchio cult del fashion set internazionale, sarà protagonista di un evento multimediale, realizzato in collaborazione con Pitti Immagine: si completa così la trilogia dei protagonisti del Cyrcle Coop dedicata ai più interessanti protagonisti delle tendenze giovanili.

Tra gli altri eventi in calendario, da segnalare: i cocktail della British Menswear Guild, di Dockers e di Blu Genius; la cena con concerto offerta da Classico Italia; e, tra le numerose feste, quelle organizzate da Adidas e L’Altro Uomo.
Classico Italia nella sua tradizione di eventi culturali nel corso di 17 anni di vita del Consorzio ha deciso di organizzare una serata, in occasione del 64° Pitti Immagine Uomo, venerdì 20 giugno 2003.
Ci troveremo nel Tepidarium del Roster, all’interno del Giardino dell’Orticoltura, per un aperitivo che aprirà la serata La Dolce Vita Style, per circa 600 ospiti internazionali tra cui Autorità, compratori e giornalisti provenienti da tutto il mondo.
Classico Italia ha scelto per la serata un classico tema italiano La Dolce Vita felliniana degli anni Cinquanta-Sessanta con la proiezione di filmati della Mediateca Regionale Toscana sul cinema italiano di quegli anni, con un’accurata selezione dedicata alla storia del costume e della moda di quel periodo diventato ormai leggenda.


Dopo la cena, allestita nel parco, il pianista jazz Stefano Bollani con il suo trio eseguirà un concerto sempre sui temi de La Dolce Vita.
Da sottolineare l’intrigante presenza della Vespa, massima icona del periodo, conosciuta in tutto il mondo, che farà uscire dal suo Museo alcuni modelli d’epoca affiancati da altri della produzione più attuale lanciata proprio nel 2003.

1. Uno, nessuno, centomila
Gli ultimi due anni sono stati particolarmente difficili per il sistema moda italiano il cui sentiero congiunturale procede incerto lungo il crinale, sempre più esile, che separa l’area della recessione macroeconomica (la riduzione della produzione dovuta a eventi avversi di carattere sovraordinato) dalla crisi microeconomica (un avvallamento sostanziale nei livelli di competitività delle nostre imprese rispetto ai concorrenti).

Nel 2002 la produzione dei suoi settori trainanti (tessile, abbigliamento, cuoio, pelletteria e calzature) ha registrato cadute fino a poco tempo fa impensabili, con tassi molto vicini alle due cifre. Gli operatori della moda, come tutti, tendono a eccedere in ottimismo quando le cose vanno bene e sono oltremodo pessimisti quando vale il contrario.
Una cosa, tuttavia, è rilevare una battuta d’arresto, per quanto brusca, dei consumi e della produzione, soprattutto di fronte a eventi traumatici come quelli che si sono verificati negli ultimi tempi; altra cosa è ipotizzare che i grandi motori della moda italiana (vitalità, vena creativa, senso estetico, presidio della filiera produttiva...) hanno le batterie scariche.

Nella deriva congiunturale riflessiva che domina lo scenario del settore da almeno tre stagioni, sono ancora molte le imprese che navigano controcorrente presentandosi sui mercati internazionali con prodotti originali e in grado di tenere alta l’immagine del made in Italy. Per il momento lo spauracchio della perdita di competitività della moda italiana emerge più nei bozzetti impressionistici (non per questo meno veri!) che circolano nei self service delle fiere di settore, che negli studi comparati e nei rating internazionali.
L’esplorazione sistematica del grande arcipelago della moda, infatti, non ci dà una sola mappa ma tanti fogli diversi che è difficile ricomporre in un quadro unitario: consumi, canali, marchi, distretti e filiere produttive presentano spesso andamenti antitetici rispetto a quanto delineato dagli indici della produzione e anche questo è un segno forte che sotto la cenere della congiuntura il fuoco resta vivo.



2. Imparare a muoversi in mercati duri
Anche se non si spalma in modo uniforme tra settori e mercati, è recessione ed è particolarmente sofferta perché questo difficile ciclo congiunturale si sta rivelando più lungo del previsto. L’esperienza di questi ultimi tre anni resterà impressa nella memoria collettiva degli operatori e modificherà modi di atteggiarsi e bagagli professionali di un gran numero di imprese del sistema moda.
Un clima surreale, quasi rassegnato, ha circondato le presentazioni delle collezioni per l’autunno-inverno 2003/2004.

L’onda recessiva non copre, è vero, tutta l’industria della moda, ma la turbolenza dei mercati (cambi forti, epidemie, conflitti geopolitici, globalizzazione, …) costituisce un elemento nuovo con cui tutto il settore dovrà imparare a convivere in futuro. Per la prima volta le nostre imprese (fino a oggi inebriate da una lunga serie di successi) si trovano di fronte un mercato duro che richiede capacità di lavorare in squadra, di selezionare al proprio interno e di fare pressing a tutto campo.

Le attendono lezioni impegnative; sarà un banco di prova sul quale si misurerà il nuovo spirito di adattamento del sistema moda italiano.

3. Le prospettive
La musica cambia, purtroppo solo in parte, quando spostiamo lo sguardo in avanti. Le aspettative di ripresa, più volte ridimensionate nei mesi passati, continuano a essere posticipate. L’epilogo della guerra in Medio Oriente, più rapido del previsto ancorché non definitivo, fissa i primi punti fermi in uno scenario che, da qualunque parte lo guardiamo, resta fragile.

Il rischio di rimanere incastrati tra i mercati cedenti e la concorrenza dei paesi emergenti è sempre lì, in agguato. Placati i venti di guerra che avevano indotto le imprese a posticipare gli investimenti e i consumatori a contenere le spese è arrivata la SARS, che si diffonde lungo le falde carsiche della sfiducia e aggiunge ulteriori incertezze a un quadro già ricco di tensioni. I segnali che annunciano l’inversione del ciclo sono ancora lontani e anche l’apprezzamento dell’euro stronca sul nascere i timidi tentativi di rialzare la testa.

Il bollettino meteorologico annuncia altri temporali con forti tensioni sui prezzi delle materie prime utilizzate dal sistema moda che, in questi primi mesi dell’anno, sono già saliti del 15% (indice Prometeia Meliorbanca).
Prima della guerra in Iraq, le previsioni dei più autorevoli osservatori scontavano, per il 2003, una partenza sotto tono, ma ritenevano verosimile un’accelerazione nei consumi e nella produzione nella seconda parte dell’anno. Le sensazioni degli operatori, nella loro parzialità, restano più contratte; per il momento (per il calendario è già passato in modo incolore un terzo dell’anno che però diventa più della metà in termini di stagioni commerciali per le quali i giochi si possono considerare praticamente chiusi!) la ripresa non solo non si è manifestata, ma in alcuni casi si sono fatti passi indietro.

In termini assoluti, il ventaglio dei valori contemplati nei vari scenari oscilla tra l’incremento della produzione di circa 2.000 milioni di euro su un totale di 70.000 milioni di euro (+3.0% nelle previsioni Camera Nazionale della Moda per tutto il sistema moda, pelli, cuoio e calzature incluse) e 1.200 milioni di euro rispetto a un valore complessivo di 46.000 milioni di euro (+2.6% secondo le previsioni SMI per le sole industrie tessili e abbigliamento). L’impatto combinato della guerra in Iraq, della SARS e dell’euro forte sta spostando il pendolo delle prospettive verso scenari meno favorevoli che prevedono una flessione di poco meno di 1.500 milioni di euro, nel primo caso (moda con pelli, cuoio e calzature), e 900 milioni di euro nell’altro.

A tanto, dunque, ammonterebbe il prezzo pagato dalla moda italiana nel 2003 per questo prolungato stallo congiunturale.
Per il resto dell’anno, come è ormai chiaro a tutti, non si potrà fare molto affidamento sulla ripresa mondiale; non su quella del commercio internazionale e nemmeno sulla locomotiva americana. Come il resto dell’economia europea, il settore moda deve convincersi che può contare solo su se stesso iniziando a lavorare sulla fiducia: i mercati della moda aborrono soprattutto incertezza e confusione.

Per il momento si naviga ancora a vista e non potrebbe essere altrimenti dato il clima che si respira ma, nel medio termine, solo una profonda innovazione può mettere ordine e restituire fiducia in questo intricato campo di forze.

4. Piccole e grandi imprese
Per la prima volta la moda non figura tra i settori industriali che hanno saputo reagire con tempestività al mutamento del quadro economico generale e questo è un motivo sufficiente per scavare sotto la superficie dei dati aggregati.



Probabilmente gli operatori del sistema moda non si curano troppo del carattere della recessione, micro o macro, strutturale o congiunturale; quello che cercano di capire è come ne usciranno. In un periodo turbolento, messo sotto sopra dalle paure (guerra, epidemia, borsa..) occorre mettere a fuoco quanto sta succedendo, misurare i fatti, identificare i trend, ordinare vincoli e priorità.
Per molti anni il dubbio che le piccole imprese fossero in difficoltà nel reggere il peso della competizione globale è stato accantonato.

Adesso, quale che sia il punto di partenza (aziende leader o potere dei brand, riorganizzazione del trade o nuove applicazioni ICT …), il dibattito sui problemi della moda italiana collassa spesso sulle dimensioni medie (troppo piccole!).
Il fenomeno riguarda tutta l’Italia, ma assume una rilevanza particolare nel settore moda dove operano circa 90.000 aziende: 75.000 nel settore tessile abbigliamento e 15.000 nella produzione di cuoio, calzature e pelletteria. Dal 1996, quando erano 105.000, il loro numero è diminuito in modo consistente (-15%), ma resta molto elevato: tre su quattro sono tuttora microimprese (hanno un numero di addetti che varia da 1 a 9); solo il 2% (in valori assoluti sono poco più di 2.000 imprese), secondo le definizioni usate correntemente, sono medie o grandi imprese.


Il quadro non è molto diverso se guardiamo agli assetti proprietari del settore: 18.000 sono società di capitali, 27.000 società di persone e l’altra metà (45.000) ditte individuali. Anche se la competitività delle piccole imprese è rafforzata dalla rete di interazioni che stabiliscono tra loro e con il patrimonio di conoscenze, risorse personali e stimoli presenti nei distretti in cui operano, nelle severissime regole del gioco che si stanno affermando sui mercati internazionali le organizzazioni minori non sembrano avere più molte chances.

Sono sufficienti queste pennellate per cogliere quanto sia articolato il sistema moda italiano e quanto le sue imprese debbano lavorare sul fronte dell’organizzazione, partendo proprio dai distretti industriali.

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