Internet in Toscana: giornalismo e nuova comunicazione on line
Dall’inteconnessione all’economia della conoscenza, un fenomeno non monetario

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
03 giugno 2003 07:29
Internet in Toscana: giornalismo e nuova comunicazione on line<BR>Dall’inteconnessione all’economia della conoscenza, un fenomeno non monetario

Sviluppare la comunicazione on line per migliorare la qualità della vita: un’occasione storica per la società toscana. E’ necessario stimolare la popolazione internet-alfabetizzata affinché possa svolgere una funzione di rinnovamento culturale. Di questo si è parlato domenica 1 giugno al Palazzo delle Esposizioni di Empoli nel corso dell’incontro su “Internet in Toscana: giornalismo e nuova comunicazione on line”, convocato dal gruppo di lavoro che aveva dato vinta ad aprile al convegno i-Toscana10.

Nicola Novelli di Nove da Firenze, Luciano Gianfranceschi di Affari di Pelle, Francesco Di Costanzo di Fiorentina.it, Cristiano Lucchi dell’Altracittà, Leonardo Roselli di Toscana Affari, Filippo Belli di Segnali di Fumo, Stefano Romagnoli di Metropoli, Iliana Comina di X-Media hanno stilato quasi un manifesto della nuova comunicazione on line.
In Italia sono attivi almeno 500 siti di comunicazione giornalistica, circa il 10% in Toscana. Una straordinaria risorsa di conoscenze specializzate, un flusso continuo di notizie supportato da corposi archivi, grazie alla facilità con cui è possibile l’autopubblicazione.

Si tratta spesso di iniziative autonome fondate da giovani: un panorama poco controllabile dal potere economico e politico che può molto al contrario nei confronti dell’informazione tradizionale, grazie alle commistioni di interessi intrecciate ai principali organi di informazione. Tra l’altro le “grandi” redazioni hanno un limitato numero di giornalisti e non possono coprire tutti gli argomenti.
Internet si lega così al tema della democrazia. Il problema non è il tradizionale “come riassorbire il fenomeno nel modello commerciale dominante?”.

Economia della conoscenza e democrazia partecipata sono a portata di mano, se sapremo riaffermare le esigenze sociali su quelle commerciali, il cittadino digitale sul consumatore massificato: alternativa che impone alla nuova informazione un forte sfondo etico. Il marketing pubblicitario tende ad annegare la notizia in un’informazione monopolizzata dal sistema commerciale perché le “cattive” notizie distolgono il consumatore del mercato. La pubblicità ha bisogno di concentrare la comunicazione, perché necessita di veicoli di trasmissione sicuri per trasmettere il proprio messaggio.

Si innesca così una sciagurata spirale per cui la linea editoriale schiaccia il giornalismo e pure l’interesse dei lettori.
I media tradizionali hanno sviluppato una comunicazione asimmetrica e unidirezionale, dall’alto verso il basso, producendo una percezione della realtà grazie alla quale il potere si è reso poco visibile. Internet (figlio del matrimonio di telefono e computer) restituisce senso di appartenenza sociale alla comunità grazie all’interconnessione degli individui. Non è un caso che sia inviso dove le dittature, temendo il passaggio alla comunicazione simmetrica, limitano gravemente la liberta delle popolazioni.

Finalmente le scarse barriere di accesso alla comunicazione in rete danno voce a chi non riusciva a trovarla nei media tradizionali. Le fonti tendono a comunicare in autonomia rompendo il monopolio. E non si può escludere che non si tratti di giornalismo solo perché il redattore sulla carta d’identità ha scritto commercialista: basta la mancanza di tesserino, o di contratto nazionale, per non concedere l’etichetta?
L’inversione del potere d’agenda impone al pubblico di imparare/ricominciare a porsi domande: potenzialità inespresse dalla standardizzazione delle notizie.

Se la dimensione narrativa è funzione della qualità del fenomeno, la tradizionale gerarchia dell’informazione ha dimensionato la realtà alle proprie esigenze produttive. Ma se è vero, come sostiene Linus Torvalds, l’inventore del sistema Linux, che: “La fonte della produttività dell’economia della conoscenza è la creatività”, c’è da temere che in Italia non si intravedano gli intellettuali portavoce di una rivoluzione dalla comunicazione il cui motore è una tecnologia forse più veloce dell’intelligenza che l’ha creata e che stenta a comprenderne le potenzialità.
E’ problematico, per fare un esempio, il caso delle reti civiche e in generale della rete istituzionale, che sulla base dei principi di trasparenza e partecipazione democratica (e-governament) si trasformano in infomediarie, ma mettono a rischio l’indipendenza del mezzo.

Perché può accadere velatamente che le fonti diventino organi di informazione in cui la politica tende a scavalcare la mediazione giornalistica e istituzionale.

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