Amici della Musica di Firenze: un quartetto d’archi inglese e il Novecento ungherese

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
11 marzo 2002 23:11
Amici della Musica di Firenze: un quartetto d’archi inglese e il Novecento ungherese

Sabato 16 Marzo (ore 16), alla Pergola arriva l’Ensemble Sandor Vegh, formazione di sei archi (Alexander Janiczek e Muriel Cantoreggi violini, Teemu Kupiainen e Juliet Jopling viole, Peter Szabo e Louise Hopkins violoncelli) che si sono riuniti nel nome del loro compianto maestro – Sandor Vegh, appunto - indimenticabile direttore, violinista ed organizzatore musicale che ai suoi allievi ha trasmesso la vitalità e la freschezza di un’antica tradizione musicale. A loro si affianca il giovane pianista di Belgrado Alexandar Madzar, per eseguire due quintetti per pianoforte, quello di Anton Webern, legato al tardo decadentismo viennese, e l’op.

26 di Erno von Dohnany, compositore ungherese di rigorosa fede brahmsiana, coetaneo di Bartok e scomparso nel 1960; ancora Madzar è il protagonista di due pagine di Liszt, mentre al Trio di Sandor Veress, etnomusicologo ungherese allievo di Bartok scomparso nel 1992, si dedicano solo tre archi. Un programma per lo più novecentesco e con accostamenti strumentali variabili segna dunque il concerto dell’Ensemble Sandor Vegh, questo gruppo di giovani musicisti tutti già dotati di invidiabili esperienze (Janiczeck è ad esempio primo violino della Camerata Accademica di Salisburgo) e che proprio nel rispetto reciproco e nella semplicità insegnati da Vegh hanno trovato la scintilla vitale per una continua crescita professionale.

Per loro, fare musica significa soprattutto viaggiare, per incontrare altri musicisti con i quali confrontarsi, condividere esperienze, e soprattutto aprire nuovi orizzonti alla diffusione della musica contemporanea. Fra i più fedeli partner, oltre a Zoltan Kocsis ed Alexander Lonquich, c’è proprio Aleksandar Madzar, che vanta nel suo curriculum importanti riconoscimenti, come il secondo premio al Concorso Internazionale Pianistico “Ferruccio Busoni” di Bolzano (1989) e il primo premio al Concorso Pianistico Internazionale “Umberto Micheli” di Milano (1997).

Dopo il suo debutto con i Berliner Philharmoniker diretti da Ivan Fischer, ha suonato con molte orchestre importanti di tutto il mondo, e le sue doti solistiche sono state ammirate nei recital tenuti nei più rinomati centri concertistici europei e d’oltreoceano.
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Con il concerto di Domenica 17 Marzo (ore 21), al Saloncino della Pergola ricompare la canonica e sempre gradita formazione del quartetto d’archi, che stavolta è tutto inglese – ma di fama internazionale - e si chiama The Lindsays.

Il programma incornicia un Borodin popolare, lo struggente e nostalgico Quartetto n. 2, fra il classico Haydn dell’op. 71 n. 3 (con la sua fragorosa apertura ‘a sorpresa’, per catturare l’attenzione del pubblico inglese) e lo Schubert celeberrimo ed agghiacciante del Quartetto “La morte e la fanciulla”. Programma di impatto immediato quello presentato da The Lindsays, quattro musicisti che hanno conquistato da tempo il pubblico di tutto il mondo grazie alla spontaneità ed alla forza comunicativa delle loro interpretazioni.

Hanno preso il nome da lord Lindsay, figura di spicco all’inglese Keele University, dove sono stati quartetto in residenza per diversi anni; oggi, si sono definitivamente stabiliti alla Manchester University, dove ogni anno tengono serie di concerti e seminari. Presente con concerti in ogni parte del mondo, il Quartetto The Lindsays è particolarmente acclamato per le interpretazioni di Mozart, Haydn e Beethoven, ma nel suo repertorio uno spazio particolare è sempre stato riservato alle prime esecuzioni mondiali di autori contemporanei.

In questo senso, un rapporto privilegiato è stato instaurato con il compositore britannico Michael Tippett, che al The Lindsays ha espressamente dedicato gli ultimi due suoi quartetti. La registrazione integrale dell’opera per quartetto di Tippett è solo una parte di una discografia ben nutrita, dove trovano posto anche i cicli completi di Beethoven e Bartok e le principali pagine di Schubert per questo repertorio.

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