Speciale Porto Alegre 2

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
01 febbraio 2002 13:03
Speciale Porto Alegre 2

Dal nostro inviato Cristiano Lucchi, direttore di Altracittà, giornale della periferia- "Il petrolio del futuro si chiama sfruttamento della biotecnologia. Gli Stati Uniti stanno costellando di basi militari l’Amazzonia, dalla Bolivia al Brasile." Juao Pedro Stedile, leader del Movimento Sem Terra brasiliano non ha dubbi sulla prossima sfida delle multinazionali alla popolazione mondiale. "In Amazzonia è possibile trovare 55.000 mila piante diverse mentre in tutto il Nord America non ce ne sono più di 5.000.

E’ evidente l’interesse che l’America Latina riveste per le multinazionali che si occupano di biotecnologia, non a caso le aziende più in forma in un sitema economico mondiale in fase di recessione. Poter brevettare a loro uso e consumo questa ricchezza della natura é una cosa che dobbiamo scongiurare. È per questo che siamo a Porto Alegre, per incontrarci, per analizzare insieme alla società civile di tutto il mondo le forme migliori per reagire dal basso allo strapotere del mercato e della finanza.

Una resistenza é necessaria, siamo qui per organizzarci al meglio."
Juao Pedro ci accorda questa intervista poco prima di mezzanotte, dopo che un’affollata assemblea della Via Campesina ha concordato come proporre al Word Social Forum i temi dell’agricoltura e dei diritti dei contadini. Stedile ci offre del vino bianco e ci accompagna in un viaggio che ci apre gli occhi sui meccanismi legati allo sfruttamento della natura.
Quale percorso ha portato il Movimento Sem Terra ad essere parte integrante del Word Social Forum?
Siamo qui a Porto Alegre perchè il Forum rappresenta un punto di incontro per tutte le persone che credono che un altro mondo sia possibile.

Siamo qui per denunciare come il neoliberismo affami e distrugga la dignità delle persone. Siamo qui per manifestare tutti insieme contro la logica del profitto a tutti i costi. Lo scopo principale di questa settimana di lavori è quello di costruire insieme un’alternativa credibile e forte. Dobbiamo conoscere e scambiarci le esperienze di resistenza che stiamo sperimentando in modi e tempi diversi nei quattro angoli della Terra. Arriveremo alla fine della settimana con nuovi patti di lavoro che consolideranno l’impegno iniziato lo scorso anno proprio qui a Porto Alegre.
Cosa proporrete al Social Forum?
La nostra riflessione si basa fondamentalemente su alcuni punti.

Ci domandiamo quale sia il significato dell’uso della terra in un mondo modernizzato. Proponiamo che la terra sia di tutti, mentre oggi al massimo le persone vengono sfruttate per lavorarla o per farne i guardiani. Crediamo che solo la popolazione sia garante di un corretto uso della terra. Non dimentichiamoci che è la terra che ci offre il cibo per mangiare.
Un altro punto importante da affrontare è la terza fase del capitalismo in America Latina e nel Sud del Mondo. Se prima il nord industrializzato arrivava qui esclusivamente per prendere le materie prime, dalla seconda guerra mondiale in poi ha capito che conveniva delocalizzare la produzione per abbattere i costi del lavoro.

Adesso siamo in una terza fase, quella dello sfruttamento finanziario a più livelli, dalle speculazioni in borsa sui prodotti geneticamente modificati alle politiche di Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale che accrescono enormemente il debito estero dei paesi poveri. È sufficiente analizzare con attenzione ciò che in questi anni è successo in Argentina. La terza riflessione è di stimolare un dibattito mondiale sul socialismo. Dal fallimento del modello est europeo a quello dei partiti comunisti occidentali.

Dobbiamo recuperare il senso etico del socialismo. Siamo certi che un recupero dal basso dei valori del socialismo permetta di assicurare alla popolazione mondiale tutti quei diritti e valori che nemmeno il capitalismo ha assicurato. Penso alla casa, al cibo, alla salute, al lavoro e a tutti i diritti fondamentali dell’umanità.
Durante la prima edizione del WSF avete distrutto insieme a Bovè un campo di soia transgenica della Monsanto, cosa succederà quest’anno?
Siamo impegnati da settimane nell’organizzazione di una grande manifestazione contro l’ALCA, l’Area di Libero Commercio delle Americhe, è l’ennesimo tentativo di stabilizzare un mercato per favorire le solite aziende multinazionali a capitale statunitense.

Cammineremo per le strade di Porto Alegre rivendicando i diritti degli oprressi contro le logiche del mercato.
Ma è sufficiente una manifestazione per contrastare il sistema?
No, è un segnale. Qui in Brasile sette famiglie controllano i mass media, ma la mano che le muove è la stessa, [muovendo la mano inequivocabilmente nel gesto del puparo n.d.r.]. Internet é molto importante per far conoscere la realtà, ed è molto importante anche per organizzarci al meglio, confrontarsi di continuo.

Oggi l’MST è impegnato in una "pedagogia di massa" che vuol dire educare il popolo tramite l’esempio. Serve un lavoro sistematico, di attenzione e dedizione, ma sappiamo su chi fare leva: i consumatori. Il 74% dei brasiliani è contro i prodotti transgenici semplicemente perchè teme per la propria salute. Noi informiamo presso i mercati, i negozi, sui danni che potrebbero provocare sull’organismo umano certi prodotti frutto di ricerche di laboratorio. Qui in Brasile non esiste il principio precauzionale e leggi sono "dettate" dalle multinazionali del Nord del mondo nel vero senso della parola.

La nostra non puó che essere una politica dei piccoli passi.
Qual é la vostra opinione sui partiti della sinistra?
La lotta di massa avrà il merito di contribuire alla costruzione di un nuovo clima politico. Tutti, e sottolineo tutti, i partiti dela sinistra devono rinnovarsi nelle persone e nei quadri. È dimostrato che anche chi ha le migliori intenzioni una volta al potere cade nel pragmatismo e ciò non consente un reale cambiamento, è la fine della politica.
La nuova politica deve essere invece partecipata dal basso. La lotta del popolo può, deve essere nonviolenta? Se riusciremo tutti insieme a muovere molte persone il processo di democratizzazione sarà più rapido e meno cruento; se le persone che muoveremo saranno poche lo stesso processo sarà più lungo e più cruento.

Ma una cosa è certa: la migliore arma del povero è la testa. Non ha senso costruire eserciti del popolo con il fucile in spalla.

Collegamenti
In evidenza