L'Università di Pisa celebra il “Giorno della memoria” con la mostra “Shoah e cultura della pace”

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
20 gennaio 2002 18:49
L'Università di Pisa celebra il “Giorno della memoria” con la mostra “Shoah e cultura della pace”

“Il tempo passa – scriveva il professor Salomone Enrico Emilio Franco nel settembre del 1938, pochi giorni dopo il varo dei ‘Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista’ – ed è necessario che trovi un posto rimunerato in modo tale che permetta di far vivere le due persone che vivono con me. Mia sorella e mia cugina, già insegnanti nelle scuole medie, per la stessa discriminazione rimangono prive del posto che hanno ricoperto fino ad ora: io, che nelle Università italiane, ero Professore di una disciplina pura, l’Anatomia patologica, guadagnavo soltanto il modesto stipendio: sicché, non avendo alcun bene di fortuna, presto ci verremo a trovare in misere condizioni tanto più che i non molti anni di servizio mi daran diritto solo al minimo della pensione.

Si impone, perciò, che al più presto abbia, in una qualche parte del mondo, un ufficio retribuito”. E subito dopo, il docente di Anatomia e Istologia patologica alla Regia Università di Pisa, in procinto di emigrare a Gerusalemme, concludeva: “Farsi una vita nuova in un paese nuovo, all’età di 57 anni, non è facile, né agevole, né sorridente: ma la necessità è legge suprema e non discutibile. Affronterò ogni sacrificio e ogni dura fatica coll’indispensabile coraggio”.
La lettera scritta dal professor Franco all’amico ambasciatore Paolucci rappresenta una delle testimonianze più significative della mostra su “Shoah e cultura della pace.

Pagine di storia del Novecento all’Università di Pisa”, organizzata dall’Università di Pisa alla chiesa di Sant’Eufrasia. All’inaugurazione, prevista per il 27 gennaio in occasione del secondo “Giorno della memoria”, interverranno Marcello Pera, presidente del Senato, e Tullia Zevi, presidente della Commissione per i rapporti interculturali e interreligiosi della Federazione delle Comunità ebraiche europee. L’esposizione, che rimarrà aperta fino al 16 febbraio, giunge alla fine di un lungo percorso di ricerca e impegno dell’ateneo pisano, che già nello scorso luglio aveva presentato una parte della documentazione a Carrara.
La mostra su “Shoah e cultura della pace”, basata su una documentazione eccezionale e inedita ricavata dagli archivi dell’ateneo, della Scuola Normale e degli archivi centrali dello Stato di Pisa e Roma, illustra una delle pagine più tragiche della nostra storia recente.

Attraverso 180 documenti, atti ufficiali e amministrativi, fotografie, lettere e memoriali, è testimoniato l’effetto delle leggi razziali sulla vita dei docenti e degli studenti ebrei dell’università negli anni 1938-1946. Testi e didascalie guidano il visitatore nelle diverse sezioni e offrono i riferimenti necessari a inquadrare le singole vicende nel più generale contesto storico del periodo. La scelta di materiali poveri per l’allestimento, poi, conferisce all’insieme un forte effetto evocativo.

L’effetto complessivo è quello di restituire i contorni dei tanti drammi vissuti a causa della legislazione razziale del fascismo e della politica di sterminio sistematico attuata dal regime nazista, e insieme di evidenziare, sulla scia delle ricerche di Hanna Arendt, la quotidianità burocratica e la “banalità” che era dietro tali assurde e incommensurabili politiche.
L’esposizione, dunque, ripercorre le vicende personali di venti docenti, più uno giunto a Pisa nell’immediato periodo postbellico, e di 290 studenti ebrei dell’ateneo pisano.

Tra i primi compaiono i nomi del già citato Franco, nel dopoguerra personaggio di spicco dello stato d’Israele, dell’entomologa Enrica Calabresi, suicidatasi nel carcere delle Murate di Firenze per sfuggire alla deportazione, e di Giulio Racah, allievo di Enrico Fermi e importante esponente della fisica sperimentale. Singolare è poi la storia di Paul Oscar Kristeller, a Pisa lettore di tedesco, che era già fuggito dalla Germania per evitare le persecuzioni naziste. Imbarcatosi nel febbraio del 1939 su un piroscafo diretto negli Stati Uniti, inviò una lettera a Giovanni Gentile, direttore della Normale, in cui scrisse: “Nel momento di partire posso assicurarle che non dimenticherò mai gli amici italiani e che non mi pento affatto di essere venuto qua a suo tempo”.

Dopo la fine del secondo conflitto mondiale Kristeller ha percorso una brillante carriera negli Stati Uniti e si è affermato come storico della filosofia. Simile a quella di Kristeller è la vicenda dei circa duecento studenti stranieri, in gran parte polacchi, giunti in Italia nel 1937, dopo l’emanazione delle leggi razziali in Germania, Polonia e Romania. Accolti e protetti dall’Università di Pisa, che permise informalmente la loro iscrizione, furono successivamente espulsi a causa delle pressioni e dei minacciati controlli del ministero.
“Con questa iniziativa – ha affermato il prorettore Tommaso Fanfani, che ha ideato e seguito la realizzazione della mostra – l’Università di Pisa si interfaccia con la società civile, partecipando al dibattito su temi e valori che hanno attinenza con i processi formativi.

L’esposizione sulla Shoah, inoltre, costituisce un atto dovuto di giustizia storica relativa a una delle pagine più tristi e drammatiche della vita dell’ateneo. Le carte servono per non dimenticare, ma servono anche per educare alla comprensione; la storia non ha ricette per il futuro, ma serve per comprendere meglio il presente”.

In evidenza