“Tutto per bene” al Teatro della Pergola

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
01 marzo 2000 09:38
“Tutto per bene” al Teatro della Pergola

La compagnia di Pino Micol è in scena sino a domenica con la commedia che Luigi Pirandello scrisse nel 1920. E’ importante datare quest’opera che arriva nella carriera pirandelliana in un momento cruciale. La moglie è stata internata in una casa di cura romana proprio nel febbraio del1919 per disturbi psichici. E contemporaneamente giunge il successo teatrale. Le prime teatrali si succedono nel giro di pochi mesi: “L’uomo, la bestia e la virtù”, “Come prima, meglio di prima”, “La signora Morli una e due”, sino al “Sei personaggi in cerca d’autore”, clamoroso insuccesso al debutto (dovuto all’incapacità del pubblico mondano di comprendere il gioco sofisticato della dialettica pirandelliana), che prelude invece immediatamente all’interesse addirittura internazionale per lo scrittore.

Si inserisce in questo novero anche “Tutto per bene”, presentata al Teatro Quirino di Roma.
Il tema è quello della vita non vissuta (come nell’”Enrico IV”). Martino Lori (Pino Micol) apprende, ormai vecchio, di aver pagato col tradimento della moglie, molti anni prima amante del suo amico Manfroni (Sebastiano Tringali), scienziato e uomo politico, la sua carriera ministeriale. E’ la figlia a rivelargli tardivamente, molto dopo la morte della moglie, che il proprio padre è in realtà il Manfroni.

Lori apprende di aver recitato, ignaro, una parte abbietta, “di no essere stato nulla”. Ma anche dopo la rivelazione, non potrà che adattarsi a vivere, ora coscientemente, la maschera. E’ il dramma delle convenzioni sociali nella quali naufraga l’uomo dissociato di Pirandello, come Campa nel “Berretto a sonagli”, Baldovino nel “Piacere dell’onestà”, Gala nel “Giuco delle parti”.
Nella casistica ottocentesca dell’onore familiare si innesta in “Tutto per bene” anche un aggressivo sottofondo polemico per le convenienze dell’ambiente altoborghese.

Il 1920 è appunto l’anno in cui nel paese si sviluppa, figlio degli uomini della trincea, lo squadrismo fascista. Ma c’è anche, situazione senza dubbio freudiana tra sogno e realtà scenica, l’ombra di una moglie scomparsa, quasi simulacro teatrale di Antonietta, la moglie di Pirandello, che dalla clinica dov’è internata dal 1919 non uscirà più.

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