A Prato si respira il profumo di Caravaggio

La straordinaria occasione di osservare i capolavori dei caravaggeschi napoletani raccolti a Palazzo Pretorio sino al 13 aprile 2020

Nicola
Nicola Novelli
22 dicembre 2019 12:02
A Prato si respira il profumo di Caravaggio

PRATO- Si respira davvero il profumo di Caravaggio visitando la mostra in programma al Museo di Palazzo Pretorio fino al 13 aprile 2020. Dipinti “mai visti” della Fondazione de Vito si mescolano a quelli della collezione del Comune di Prato, in una passeggiata tra suggestive tele del Seicento napoletano.

L’esposizione, a cura di Nadia Bastogi e Rita Iacopino, racconta la determinante influenza della pittura di Caravaggio su alcune delle personalità più rilevanti della scena artistica partenopea nel XVII secolo.

Michelangelo Merisi, giunse a Napoli alla fine del 1606, in fuga dalla Giustizia romana, e vi rimase circa un anno. La fama del pittore era ben nota e, ospite dei quartieri Spagnoli, visse un periodo felice e prolifico di pitture più drammatiche rispetto a quelle romane, rinunciando a un fulcro centrale dell'azione. Alla fine dell'estate del 1609 Caravaggio tornò a Napoli.

La sua presenza a Napoli fu di grande stimolo per la pittura barocca partenopea e il passaggio di Caravaggio, diede luogo alla nascita di molti esponenti caravaggeschi tra i pittori locali, nei cui dipinti successivi si riconosce la medesima rappresentazione dello stato emotivo dei soggetti grazie allo scenografico uso della luce.

E’ proprio quello stile dalle atmosfere molto cupe, caratteristico degli anni a Napoli del Caravaggio, che ritroviamo nei dipinti, esposti a Prato, di Giovanni Battista “Battistello” Caracciolo, Jusepe de Ribera (detto lo Spagnoletto), Mattia Preti e altri artisti del Regno influenzati dalla lezione del grande maestro.

La mostra pratese è la straordinaria occasione per vedere alcune opere della collezione della Fondazione De Vito, custodita nella villa della Casa al Vento, all’Olmo, formidabile raccolta privata di un collezionista innamorato di Firenze. Uno di quei tanti gioielli sconosciuti ai più, incastonati sulle colline intorno alla città. Giuseppe De Vito è l’esempio dell’intellettuale novecentesco, ingegnere napoletano emigrato a Milano, dove fa fortuna come imprenditore, tanto da coltivare la passione di collezionista d’arte e poi cultore della materia.

Nel corso della sua vita di successo, De Vito riunisce una formidabile raccolta di pittura napoletana del XVII secolo, circa 60 tele, che ricostruiscono il percorso artistico partenopeo in un periodo vivace e tumultuoso. Per decenni De Vito è punto di riferimento per appassionati e studiosi, pubblicando studi e dando vita a una rivista tematica. Pochi anni prima della morte, insieme alla moglie Margaret costituisce una fondazione che prende il loro nome.

L’antica villa dell’Olmo rimane preziosa custode degli arredi e i dipinti della collezione De Vito, della biblioteca dello studioso con migliaia di volumi antichi e moderni, con particolare specializzazione sull’arte napoletana e la natura morta; e un fondo di inedite trascrizioni documentarie dagli archivi partenopei.

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